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Recensione del Requiem di Verdi dal Teatro Regio di Parma

William Fratti, 13/11/2013

In breve:
Il Festival Verdi conclude la sua edizione 2013 con Messa da Requiem, l'opera più rappresentata a Parma in questi ultimi anni, con la partecipazione di importanti direttori e grandi artisti, ma nessuna di queste è mai risultata impeccabile, per un motivo o per l'altro.


Indubbiamente la parte del leone la fa il preparatissimo Coro del Teatro Regio di Parma diretto da Martino Faggiani, sempre intenso ed emozionante, letteralmente sublime nei pianissimi e nei sussurri, ineguagliabile nella capacità di mettere in scena l'intenzione verdiana.

In questa occasione l'anello più debole è l'Orchestre National de France, precisissima negli archi ma non altrettanto nei fiati e soprattutto poco nella parte, quasi senza sentimento. La dirige Daniele Gatti che, al contrario, è concentratissimo sul suono, sulle pause, sui silenzi, rispettosissimo dei pianissimi e delle indicazioni di Verdi, attentissimo al vero significato terreno e divino che questa musica è in grado di trasmettere.

Significato ulteriormente sottolineato dall'onorevole presenza in sala del Premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi e da un teatro che, negli ultimi anni, non è mai stato così pieno, in ogni ordine di posto.

Dopo qualche tempo di assenza dalle scene Fiorenza Cedolins torna sul tanto amato palcoscenico di Parma in buona forma, pur senza riuscire ancora a ripetere le prodezze di Luisa Miller e de Il trovatore. Ma ci si augura di risentire presto la voce che tanto ha dato alle platee di tutto il mondo. Eccellenti, nella loro delicatezza, “Quid sum miser” e “Recordare”.

Veronica Simeoni sostituisce l'indisposta Daniela Barcellona con un'interpretazione molto musicale e attenta al suono: per le note basse, mai snaturate di petto, predilige una più dolce emissione mista. Del suo canto piace l'eleganza con cui svolge lo spartito, anche se ne risentono le parti più intense della partitura.

Francesco Meli, come già in altre occasioni, è sinceramente meraviglioso, raffinatissimo, con una tenuta dei fiati da manuale, in grado di eseguire delle mezze voci non solo perfette, ma soprattutto toccanti, da pelledoca. Il finale di “Quid sum miser”, “Ingemisco” e “Hostias” sono delle vere e proprie lezioni di canto.

Michele Pertusi, come suo consueto, canta con una classe impareggiabile, tecnicamente perfetto, attento al suono e alla parola, fraseggiatore espressivissimo. “Salva me” – a conclusione di “Rex tremendae” – eseguito in pianissimo, quasi in sottovoce, ma ben timbrato, è davvero sorprendente. Bellissimi anche i piani di “Lacrymosa”.

Al termine dell'esecuzione, ovazioni meritatissime per tutti gli artisti.

 

 
 
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