In breve: Liricamente.it intervista il tenore Giorgio Berrugi. Clarinettista di professione, intorno ai 25 anni scopre di avere una "voce" e inizia a studiare canto. Quest'intervista offre un'ampia panoramica sul mondo della lirica ed è dedicata a chi vuol conoscere come funziona l'opera in Italia e all'estero. Sarà una forma di spettacolo di nicchia, ma, ascoltando questa testimonianza, coloro che pensano che la lirica sia un'arte in via di estinzione rimarranno molto delusi, perchè la passione salva tutto!
Oggi Liricamente.it intervista il tenore Giorgio Berrugi.
Clarinettista di professione, intorno ai 25 anni scopre di avere una "voce" e
inizia a studiare canto. Abbandona l'orchestra e intraprende la professione del
cantante lirico. In pochi anni ha già calcato i palcoscenici dei teatri più
importanti del mondo. Toscano di origine, con moglie e figlio ha scelto di
andare a vivere a Vienna, in Austria, poichè (soprattutto nei Paesi tedeschi)
l'opera "va davvero molto, è molto richiesta ed apprezzata" e quindi ci
sono molte occasioni di lavoro.
Certo, non si può negare: in Italia ci sono molti problemi economici e
gestionali, ma in teatro si respira ancora quella passione e quella cura del
particolare che porta ad un'eccellenza tipica del Made in Italy.
Quest'intervista offre un'ampia panoramica sul mondo della lirica ed è
dedicata a chi vuol conoscere come funziona l'opera in Italia e all'estero. Sarà
una forma di spettacolo di nicchia, ma, ascoltando questa testimonianza, coloro
che pensano che la lirica sia un'arte in via di estinzione rimarranno molto
delusi, perchè la passione salva tutto!
1) Caro Giorgio, raccontaci com'è stato il tuo percorso di studi
e i tuoi inizi di carriera. Io non sono nato come cantante, ma
fin da bambino ho studiato clarinetto e, dopo un normale corso di studi, ho
iniziato a lavorare in orchestra. Verso i 25 anni ho scoperto di avere una
"voce". Ho studiato un paio d'anni e poi ho deciso di lasciare l'orchestra. Conoscevi già la respirazione, però!! Ma più che la
respirazione in sé, direi che conoscevo la musica! Per quanto riguarda la
respirazione, ero allenato a livello diaframmatico, ma è diversa la respirazione
per uno strumento esterno rispetto alla gestione del fiato per sostenere la
propria voce. Aver già una base di studi musicali non è poco,
perchè per fare il cantante di professione non basta la voce, giusto?
Si, assolutamente! Lo dicevano anche i grandi cantanti: "Non sempre le
grandi voci diventanto grandi cantanti", credo che la stessa
Mirella Freni lo sostenesse, perchè comunque per fare il cantante
servono anche altre qualità e la testa è ciò che fa la differenza e la
preparazione musicale è molto importante. Quindi tu, a differenza
della categoria dei tenori (concedimi la battuta) usi anche la testa per
cantare! :-) Io molto spesso dico: per diventare un buon tenore
ho dovuto fare una lobotomia, perchè da strumentista ad un certo punto ho dovuto
anche lasciarmi andare all'istinto e lasciare un po' da parte quel tipo di
analisi musicologica con cui avevo iniziato! Ho dovuto fare un percorso inverso,
rispetto agli altri cantanti, per lasciare spazio più alla naturalezza e
all'emotività. Hai abbandonato il clarinetto per il canto, quindi
significa che ti ha dato qualcosa in più? Si, assolutamente!
Guarda, avevo raggiunto un buon livello con il clarinetto, però mi sentivo un
po' stretto e non appena ho avuto questa chance ho abbandonato l'orchestra e mi
sono dato allo studio del canto. E' stato un salto nel buio. Beh,
però, non ti puoi lamentare. E' andata proprio bene! Si, meglio
di così non potevo proprio sperare!
2) Come sono stati i tuoi inizi di carriera? Quando hai
debuttato? Io sono rimasto un po' "bruciato" all'inizio della
carriera, perchè avevo una grande facilità vocale e un'esperienza interpretativa
di natura e mi è capitato di cantare a un buon livello, ma solo in determinate
condizioni, quindi solo se stavo perfettamente bene perchè non avevo ancora una
tecnica appropriata. Mi ascoltarono presso il Festival Pucciniano (in cui
ero andato a farmi sentire per un progetto con i bambini) e invece mi scelsero
subito per fare "La Bohème" alla Fenice di Venezia. Non andò
male, andò abbastanza bene, però mi sono reso conto che il teatro è diverso da
una stanza e per cantare in teatro serve una tecnica e bisogna avere un
automatismo che consente di gestire tutte le situazioni. Insomma, se anche sai
andare in bicicletta, per gareggiare con la Ferrari bisogna saper "guidare la
macchina"! Dopo questa esperienza, quindi, mi sono fermato e sono stato tre
anni a studiare seriamente. Poi sono ripartito.
3) Quando sei ripartito dove sei andato? In Italia o all'estero?
Ho provato in Italia, senza però risultati significativi. Mi veniva detto "non
hai esperienza, non hai debuttato ruoli" e quindi non si fidavano di me. Ho
avuto la fortuna di essere ascoltato dal direttore artistico che si stava
insediando a Dresda. Mi ha dato l'opportunità di lavorare fisso tre anni nel suo
teatro facendomi debuttare numerosi ruoli.
4) Come funziona in Germania? Eri assunto dal teatro?
In Germania ogni città, anche piccola (parlo di 20.000 abitanti) ha un proprio
ensemble fisso. Alcuni cantanti sono pagati e stipendiati dal teatro. Io sono
stato molto fortunato, perchè Dresda è considerato un teatro di serie A, uno dei
primi tre teatri della Germania, e ha un'orchestra importante e famosa nel
mondo. Ci girano i migliori direttori del mondo. Questa è stata per me una
grande fortuna, perchè è stata utilissima per la mia carriera. Tieni conto che a
luglio finì il mio contratto a Dresda e ad agosto cantavo in Arena con Domingo.
A Dresda dirigono i grandi direttori che transitano al Metropolitan come Alla
Scala e io ho lavorato con loro. Dresda alterna cast di "Guest star" con le
persone interne che coprono sia i ruoli da comprimario sia in alcuni casi anche
i ruoli principali, com'è capitato a me. La programmazione è molto diversa
rispetto all'Italia perchè fanno 450 programmazioni all'anno tra matiné,
pomeridiane e serali e quindi hai l'opportunità di farti un repertorio
importante, di provarlo con direttori diversi. Per esempio, io lì ho fatto
una quarantina di recite dell'Elisir d'amore con 5/6 direttori
diversi e mi sono creato un bagaglio culturale discreto. In totale in tre
anni ho debuttato una decina di ruoli. Ero assunto dal teatro con uno
stipendio che, rispetto agli standard italiani era decisamente magro, ma era
sicuro e mi dava la possibilità di crearmi un'esperienza!
Solo in Italia non c'è la possibilità di fare questo percorso, perchè nel
resto del mondo invece funziona così e i giovani cantanti di tutto il mondo
aspirano a fare questo percorso. Solo noi italiani non ricerchiamo questa
strada. Tutti i grandi cantanti del momento hanno fatto questa esperienza
(Kaufmann, Damrau...). Questa è l'unica esperienza possibile, perchè
purtroppo in Italia, nei teatri di Provincia non si investe più per creare
queste occasioni di lavoro e esperienza per i giovani.
5) Da quel che hai detto deduco quindi che si lavora meglio in
Italia rispetto all'estero? No, non è così. Sulla qualità del
lavoro, devo dire che io in Italia in realtà lavoro benissimo perchè nei teatri
italiani si "respira" ancora la passione: a partire dai tecnici, scenografi,
truccatori, insomma da tutto ciò che ruota in mondo al teatro d'opera. Forse
dipende anche da un fattore culturale. I tedeschi sono estremamente rigidi o
forse è anche questione del fatto che facendo più recite devono diluire di più
le energie e quindi si ha un po' meno entusiasmo. In Italia ci sono poche
recite e si ha modo di metterci più passione. Sicuramente in Germania ti
pagano, invece in Italia ci sono molti problemi economici e in alcuni teatri si
lavora senza sapere se e quando si verrà retribuiti.
6) Quali sono le principali difficoltà di questa professione?
Sicuramente come tutti, si soffre la lontananza da casa. Uno aspira a fare
questa professione e poi ti ritrovi 320-330 giorni all'anno lavorando fuori
casa. Molti mi chiedono "Com'è Vienna?", ma io non so cosa rispondere,
perchè ci sarò stato 30 giorni in tutto in un anno! Rispetto al passato, oggi
i ritmi sono molto diversi. Si fanno produzioni con poche prove. Si va da un
posto all'altro in poco tempo: arrivi, fai la prova e canti. I trattamenti
economici sono diversi rispetto al passato e bisogna cantare di più per
guadagnare lo stesso. In Germania ho imparato a gestirmi. Per il fatto che la
produttività altissima, chi regge in Germania poi è pronto a fare la professione
ovunque. Io ho imparato a cantare con l'intelligenza e non con la fibra. Ho
imparato a gestirmi per salvaguardare la mia salute e il mio strumento. Sto
attento anche a non fare uso della farmacologia, perchè si sa che fine hanno
fatto i cantanti del passato che facevano uso di cortisone. Bisogna imparare
a gestirsi per non bruciare la propria salute e ottimizzare i tempi di riposo.
Quando lavoro cerco di essere il più concentrato possibile nei momenti di
bisogno ed evitare di strafare quando non serve.
7) La professione ti ha aiutato quindi a risolvere problemi
tecnici, a cambiare il tuo modo di gestire te stesso, ma hai mai pensato di
cambiare mestiere? Nonostante la carriera vada benissimo,
confrontandomi con colleghi ci chiediamo spesso se il gioco valga la candela,
perchè rispetto al passato l'opera oggi non attrae più l'attenzione mediatica ed
è diventato un settore di nicchia (soprattutto in Italia, perchè in realtà
all'estero va benissimo!). Oggi per fare la professione del cantante d'opera
serve molta passione perchè economicamente e socialmente non si hanno gli stessi
riconoscimenti del passato. A livello artistico si è costretti anche ad
accettare cose che non si vorrebbero fare. Io sono fortunato perchè per quanto
riguarda il repertorio essendo tenore ho un'ampia scelta e posso quindi decidere
cosa fare, ma non è per tutti così e delle volte si è costretti ad accettare
lavori e ruoli che non si vorrebbero, perchè le bollette sono da pagare per
tutti! Hanno un bel dire talvolta i melomani "non ha una vocalità
adatta....", ma se non si ha scelta, uno deve accettare i lavori che
vengono offerti. Per fortuna, ripeto, non è il mio caso e io anche se devo
fare 40 recite consecutive, ho sempre la possibilità di scegliere io come
alternare i ruoli. Però al di là di questo, devo riconoscere che provo molte
soddisfazioni e, se confrontato con altri lavori (che ho fatto da giovane,
perchè ho iniziato presto a lavorare) devo riconoscere che questa professione al
90% è divertimento e quindi poi è difficile abbandonarla.
8) Quali sono i tuoi possimi impegni? Devo fare
Tosca a Marsiglia, poi avrò Der Rosenkavalier al Covent Garden e Travia a
Chicago. Sono un po' in giro per il mondo.
9) Quali sono le principali soddisfazioni che hai avuto?
Se leviamo mio figlio, dal punto di vista professionale, devo dire che quando mi
capita di lavorare con un direttore veramente bravo (e non capita spesso perchè
i direttori veramente bravi sono pochi) che fa esaltare alcuni aspetti musicali
importanti, insieme con gli altri colleghi, mi sembra di toccare il cielo con un
dito. Sei troppo genirico. Vogliamo entrare nei dettagli! Facci
un esempio concreto! Una cosa a cui ripenso spesso è stata una
Bohème diretta con Daniel Oren, Mimì
era Maria Agresta e c'era Simone Piazzola come
Marcello a Tel Aviv. Abbiamo fatto una prémière che porto ancora nel
cuore e ci sono ancora persone che mi scrivono e me lo ricordano. Oren è una
persona che nel suo repertorio sa dare una carica enorme. La tensione con i
colleghi è stata grande. Quando abbiamo finito eravamo un po' imbambolati,
perchè uscire dal personaggio è stato difficile. Oggi questo materiale un po'
scarseggia, ma quando succede ti assicuro che è bellissimo.
10) Qual è il tuo peggior difetto? Sono
impaziente.
11) Un tuo pregio? Sono una persona molto
corretta. Anche quando mi arrabbio è sempre per rispetto nei confronti della
partitura e dell'autore. Oggi molti registi sono creativi, magari sono
persone con idee meravigliose che però forse proprio perchè hanno molta
creatività penso che la esprimerebbero meglio in un film, non in un'opera
scritta da un altro per avere la presunzione di riscriverla da zero.Â
Spesso, soprattutto gli stranieri, hanno un'idea dell'opera che non è quella che
è scritta dall'autore e per noi italiani è difficile. Se per esempio devo
cantare "Vado a prendere una sedia" e il regista ti dice che su quella
frase devi aprire la finestra... insomma, lì mi arrabbio. Però non è per mio
divismo, ma è per rispetto nei confronti dell'autore. Quando ero in orchestra
si aveva molto rispetto per Beethoven, per Mozart.... perchè non si deve avere
lo stesso rispetto per il compositore d'opera? Non è sempre così, perchè ci
sono molti registi italiani moderni molto preparati.
12) Tu quanto studi? Quel che serve. Io faccio
sempre un'ora di vocalizzi, perchè sono un diesel come voce. Dopo tre ore che
canto diciamo che sono pronto per iniziare... (risata)! Però anche
nello studio bisogna gestirsi in base a quel che si deve fare. In questi
quindici giorni ho tre spartiti da ripassare e devo dosarmi.
13) Cosa consigli ai giovani che stanno iniziando la carriera?
I miei consigli sono questi: se una persona non appartiene a determinati
ambienti privilegiati, l'unica cosa su cui si può lavorare è il merito.
L'unica speranza è lavorare su se stessi e non pensare che se non ti scelgano
sia colpa degli altri. Se una persona va a lezione da grandi nomi, non si va
per far sentire quanto si è bravi, ma per imparare qualcosa. Bisogna avere la
consapevolezza che bisogna sempre imparare. La carriera non si intraprende
stando a casa aspettando che qualcuno ti chiami, ma bisogna muoversi. In
Germania ci sono audizioni due volte al mese in tutti i teatri e ascoltano
tutti, anche chi non ha un agente. Pensa che dagli Stati Uniti ci sono
ragazzi che si organizzano e partono per un mese o due, scrivono a tutti i
teatri e fissano le audizioni, si fanno un programma di viaggoi per incastrare
tutti i giorni o anche due volte al giorno le audizioni per farsi conoscere.
Io imparo poi tantissimo dai colleghi che mi circondano. Bisogna essere umili
e aperti per capire come funzionano certe dinamiche e regolarsi.
Poi troppi cantanti italiani si buttano subito sul repertorio veristico e si
rovinano presto, mentre all'estero si fa molto Mozart e Rossini e solo tardi
approcciano il repertorio verista.
Ti ringraziamo Giorgio per il tempo che ci hai dedicato e che hai
rubato al tuo studio e ti auguriamo tanta fortuna e tante soddisfazioni.
Grazie mille!
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