Sono trascorsi circa sei mesi dall'inizio di questa impresa; abbiamo trovato
tanti amanti della Lirica, tanti curiosi, ma soprattutto tante persone che
cercano risposte, aiuto e, soprattutto una parola amica per lenire lo sconforto,
le delusioni, lo scoramento che a volte indurisce, rende meno disponibili coloro
che pensano che ormai o ci si adatta ad una situazione deprecabile, o si
soccombe.
Noi abbiamo voluto dar spazio a coloro che non han voce, a chi è ancora alla
ricerca, e nuova speranza a chi stava per abbandonare un sogno.
Lungo il cammino abbiamo trovato persone che, come noi, nel cuore hanno
ancora ricordi belli di persone belle che hanno avuto un grande difetto: la
modestia.
Ecco perché con il vostro aiuto, abbiamo pensato di chiudere questo primo
anno di divulgazione disinteressata e sincera, dedicando un angolino a persone
che hanno dato molto per la lirica mondiale e che molti di noi neanche han
mai sentito nominare.
Parliamo di tre Tenori che han portato il Melodramma in tutto il mondo e
che han cantato opere eterne, scrigni pieni di amore e passioni che tanto ci
piace ascoltare e di cui vorremmo sempre parlare.
Così ci piace riportare alla memoria questi tre nomi (che col vostro aiuto e
suggerimento potrebbero aumentare) che Bruno e Alessandro con noi, han
voluto riportare all'attenzione e sono, in ordine di tempo, Mario Filippeschi,
Carlo Cossutta ed Angelo Loforese.
Il primo, toscano, nato a Pisa il 7 giugno 1907 e morto a Firenze il 25
dicembre 1979
spaziò dagli Ugonotti di Meyerbeer all'Aida, la Forza del destino, Il Trovatore
ed Otello di Verdi sino alla Turandot di Puccini, dopo un tirocinio in opere
quali Rigoletto, Traviata, Favorita, Bohème, Butterfly, Tosca, Nabucco ed un
ampliamento del repertorio fino a Un Ballo in maschera, Don Carlo, Manon, Fedora
e Andrea Chenier.
Uscito da una scuola che conosceva il legato, i portamenti e che non
sottovalutava le agilità e gli accorti dosaggi dei fiati; ”voce calda nel
centro e lucida negli acuti, al termine degli anni '70 sarebbe stato il Re dei
Tenori” (Giacomo Lauri Volpi); viene ricordato, ogni anno, nella sua terra
natia con concerti di giovani emergenti.
Parliamo adesso del Tenore Carlo Cossutta, segnalatoci dall'amico
Bruno, che nacque a S. Croce (Trieste) nel 1932 e giovanissimo emigrò in
Argentina ove lavorò in una piccola azienda di mobili e, contemporaneamente,
dotato di una bellissima voce tenorile, studiò canto.
Debuttò nel 1958 al Teatro Colon di Buenos Aires nel ruolo di Cassio (Otello) e
da qui decollò una sfolgorante carriera che lo portò nei maggiori teatri di
tutto il mondo.
Diretto da altisonanti Bacchette quali i Maestri Abbado, Karajan, Kleiber, Muti,
Schippers, Solti e molti altri, interpretò ruoli di calibro quali Otello (ben
223 recite!),
Sansone e Dalila, Trovatore, Aida, Ballo in maschera, Don Carlo, Simon
Boccanegra e Turandot.
Possente nella voce e nel fisico, unì alla sua Arte, profonda umanità e
modestia come ci viene testimoniato dall'Amico Bruno.
Scompare, prematuramente il 22 gennaio 2000.
Terminiamo il percorso con l'ultimo tenore citato, tutt'oggi vivente, il Mº
Angelo Loforese, nato a Milano il 27 marzo 1920; iniziò lo studio del canto
a 18 anni e subito vinse il concorso ENAL come Basso; in seguito, il marito di
Lina Pagliughi, il Ten. Primo Montanari, lo indirizzò alla corda di baritono e
nel 1948 debuttò il ruolo di Silvio nei Pagliacci proprio a Milano.
Nel 1952 l'incontro con il Mº Emilio Ghirardini (baritono,) già insegnante di
cantanti come Renata Scotto, Luigi Alva e Gianni Poggi, lo scopre Tenore e dopo
6 mesi, di studio, debutta il ruolo di Manrico nel Trovatore.
Ospite dei maggiori teatri in Germania, Francia, Italia, Portogallo, Spagna,
Stati Uniti, Argentina, Giappone, Brasile, Sud Africa, affronta ruoli che
spaziano da Nemorino all'Otello di fine carriera, passando attraverso Des Grieux,
Canio, Loris, Turiddu, Romeo Montecchi (Zandonai), Don Josè (uno dei suoi
preferiti), Chenier, Raoul (Ugonotti) ed Arnoldo (G. Tell).
Lasciato il palcoscenico, si è dedicato all'insegnamento con acutezza e
grande dedizione, dandosi amorevolmente a chiunque chiedesse il suo prezioso
aiuto di persona semplice, modesta, che quasi in punta di piedi… per non
sembrare troppo invadente e solo su insistente richiesta, parlava dei suoi
successi con il brillio degli occhi celati dagli occhialini da ragioniere.
Al caro Maestro che, assieme ad altri Grandi, di me ha fatto
cantante-insegnante, tanto dovevo, con affetto, devozione e riconoscenza. |