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Recensione opera Lucia di Lammermoor di G. Donizetti al Teatro Municipale di Piacenza

William Fratti, 13/04/2016

In breve:
Piacenza - Recensione dell'opera lirica "Lucia di Lammermoor" di Gaetano Donizetti in scena al Teatro Municipale di Piacenza il 26 febbraio 2016.


La Stagione Lirica del Teatro Municipale di Piacenza prosegue col massimo capolavoro di Gaetano Donizetti, con la ripresa del popolare spettacolo di Henning Brockhaus già più volte ricomparso sui palcoscenici italiani.

A guidare il lavoro di regia e coreografia è Valentina Escobar, che toglie tutti i precedenti elementi disturbanti a favore di una recita più pulita. Per il resto non c'è nulla da aggiungere. L'allestimento resta efficace e funzionale, suggestivo e seducente, con molto spazio di interpretazione lasciato ai protagonisti, pur recintato nell'idea romantica di Brockhaus.

Sul podio della brava Orchestra Regionale dell'Emilia Romagna è l'espertissima bacchetta di Stefano Ranzani, in assoluto uno dei migliori esecutori di questo spartito, filologico e didascalico, col solo difetto di far sempre prevalere il segno scritto piuttosto che un accento o un colore personale, risultando così un po' piatto.

A vestire i panni della sposa di Lammermoor è Gilda Fiume, che non è propriamente un soprano leggero e questo rende onore al compositore bergamasco che originariamente scrisse la parte per un drammatico d'agilità. La voce di Gilda Fiume è piena, rotonda, corposa e sarebbe stato interessante ascoltarla nella versione originale anziché nell'adattamento con cadenze e picchettati da tradizione. Ciononostante compie un ottimo lavoro - seppur non staccando egregiamente le agilità in “Spargi d'amaro pianto”.

Altrettanto bravo è Giuseppe Gipali nel ruolo di Edgardo, limpido e omogeneo su tutta la linea di canto. Emozionante il duetto con Lucia in primo atto, ottimi gli acuti nel finale secondo, particolarmente morbida l'aria conclusiva dell'opera.

Enrico è Mario Cassi, brillantissimo nelle squillanti note alte, eccellente nelle agilità di stampo rossiniano. Purtroppo quando la tessitura si fa medio bassa, soprattutto nei recitativi, la voce scompare nell'incertezza, il canto diventa parlato e pure l'interpretazione a quel punto perde d'efficacia drammatica.

Enrico Iori è un Raimondo non troppo severo, più comprensivo che autoritario, e primeggia con un fraseggio particolarmente eloquente, di stampo verdiano.

Matteo Desole è uno squillante Arturo, cui si perdona qualche nota calante.

Roberto Carli è un buon Normanno.

Nella mediocrità l'Alisa di Elena Traversi.

Ottima la prova del Coro del Teatro Comunale di Modena preparato da Stefano Colò.

Applausi appena tiepidi al termine dello spettacolo.

 
 
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