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Salvare l'Arena dal Califfato

Quirino Principe - Il Sole 24 Ore, 28/04/2016

In breve:
A metà del 2016, l'Arena ha una prospettiva agghiacciante: liquidazione coatta. Il solito copione: bilancio in rosso, e una rivelazione vergognosa: il numero dei posti invenduti oscilla tra il 50 e il 70 %, ma non tutto è perduto! Ci vuole vuole cultura!


Nel 1913 il tenore veronese Giovanni Zenatello (1876-1949) reinventò l'Arena di Verona nella funzione di gigantesco teatro d'opera all'aperto. Per molti decenni, grande fu in Verona la felicità di vivere intorno ai progetti di musica/orte, di teatro d'opera non ancora deturpato da "opere-rock", non invaso dalle battiatizzazioni!

Volete una considerazione un po' più "concreta"? Eccola, à la carte: straripava la richiesta di biglietti per le rappresentazioni, l'Arena era un cespite di reddito.

A metà del 2016, l'Arena ha una prospettiva agghiacciante: liquidazione coatta. Il solito copione: bilancio in rosso, e una rivelazione vergognosa: il numero dei posti invenduti oscilla tra il 50 e il 70 %.

Solite le accuse: incompetenza, sprechi, fiacca azione promozionale, disattenzione se non ostilità da parte dei pubblici poteri. Poi, la notizia che ci dà un po' di ossigeno: il ministro ha nominato un commissario straordinario, Carlo Fuortes, che come sovrintendente ha risollevato le sorti dell'Opera di Roma già in sfacelo, e del quale si lodano le capacità di governo e di amministrazione. «Ohimè, respiro», esclama don Ottavio, e noi con lui. Il commissario, che anche noi lodiamo mentre apprezziamo il ministro, saprà risanare il bilancio, frenare gli sprechi fino ad eliminarli, svolgere un'intelligente azione promozionale.

Si eviterà così un'altra vittoria dell'lsis... già, in Italia e in Occidente c'è ancora qualcuno che non l'ha capito.

L'Isis mira allo sterminio degli infedeli, ma gli infedeli per il Califfato sono Dante Alighieri, gli Uffizi, Santa Croce a Firenze, la Primavera di Botticelli, Shakespeare, Goethe, Nietzsche, e soprattutto l'odiatissima nemica del fondamentalismo religioso, la musica forte, nonché quella frivolezza empia che è il teatro d'opera.

Bene, ora respiriamo, e poi? Non prendiamoci in giro. Rendiamo a Fuortes e al ministro ogni merito, ma il disastro ha cause che trascendono entrambi e i vari sovrintendenti dell'Arena, e le generazioni oggi viventi, e l'epoca presente.

È sconfortante pensare che meraviglie quali sono gli spettacoli dell'Arena con la plusvalenza visiva e storica offerta dall'Arena stessa, lungo mirabili esperienze di regia, abbiano bisogno di pubblicità e di "incentivi" per divenire attraenti agli occhi e alle orecchie di pubblico. Poco importa che l'invenduto diminuisca grazie a un'attenta politica manageriale: è spaventoso di per sé che esista un invenduto.

È scandaloso e lacrimevole che non ci siano la Polizia e i Carabinieri e l'FBI e il KGB a tenere a bada una folla che prema e schiamazzi e faccia a pugni per entrare nell'Arena e per ascoltare, in quel contesto, la musica.

Se c'è quel pauroso invenduto, ciò avviene poiché in Italia (unico Paese nel mondo civilizzato) la percezione della musica si è liquefatta ed estinta dopo che 155 anni fa la musica è stata cancellata dal contesto della cultura stata cancellata dal contesto della cultura diffusa in Italia, sicché oggi un qualsiasi ministro o alto funzionario nulla sa di Monteverdi né di Wagner (suvvia, neppure di Dante o di Einstein), e il papa dà un calcio a Beethoven, poiché per tutti costoro i "giganti della grande musica" sono i soliti che "fanno musica" miagolando al culmine dell'orgasmo o rantolando per overdose.

Sì, don Ottavio, respiriamo. Ma ricostruire un bastione della civiltà occidentale, in un'Italia che quanto a conoscenza della musica è già Afghanistan o Arabia Saudita, non più Occidente, implica il reintrodurre la musica nella circolazione del sangue degli italiani.

Se cominciamo da oggi, entro una generazione ce la facciamo, e Carlo Fuortes non avrà costruito sulla sabbia.

 
 
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