Nel 1913 il tenore veronese Giovanni Zenatello (1876-1949)
reinventò l'Arena di Verona nella funzione di gigantesco teatro
d'opera all'aperto. Per molti decenni, grande fu in Verona la felicità di vivere
intorno ai progetti di musica/orte, di teatro d'opera non ancora deturpato da
"opere-rock", non invaso dalle battiatizzazioni!
Volete una
considerazione un po' più "concreta"? Eccola, à la carte: straripava la
richiesta di biglietti per le rappresentazioni, l'Arena era un cespite di
reddito.
A metà del 2016, l'Arena ha una prospettiva agghiacciante:
liquidazione coatta. Il solito copione: bilancio in rosso, e una
rivelazione vergognosa: il numero dei posti invenduti oscilla tra il 50
e il 70 %.
Solite le accuse: incompetenza, sprechi, fiacca
azione promozionale, disattenzione se non ostilità da parte dei pubblici poteri.
Poi, la notizia che ci dà un po' di ossigeno: il ministro ha nominato un
commissario straordinario, Carlo Fuortes, che come
sovrintendente ha risollevato le sorti dell'Opera di Roma già in sfacelo, e del
quale si lodano le capacità di governo e di amministrazione. «Ohimè, respiro»,
esclama don Ottavio, e noi con lui. Il commissario, che anche noi
lodiamo mentre apprezziamo il ministro, saprà risanare il bilancio, frenare gli
sprechi fino ad eliminarli, svolgere un'intelligente azione promozionale.
Si eviterà così un'altra vittoria dell'lsis... già, in Italia e in Occidente
c'è ancora qualcuno che non l'ha capito.
L'Isis mira allo sterminio degli infedeli, ma gli infedeli per il Califfato
sono Dante Alighieri, gli Uffizi, Santa Croce a Firenze, la Primavera di
Botticelli, Shakespeare, Goethe, Nietzsche, e soprattutto l'odiatissima nemica
del fondamentalismo religioso, la musica forte, nonché quella frivolezza empia
che è il teatro d'opera.
Bene, ora respiriamo, e poi? Non prendiamoci in
giro. Rendiamo a Fuortes e al ministro ogni merito, ma il disastro ha cause che
trascendono entrambi e i vari sovrintendenti dell'Arena, e le generazioni oggi
viventi, e l'epoca presente.
È sconfortante pensare che meraviglie quali sono gli spettacoli dell'Arena
con la plusvalenza visiva e storica offerta dall'Arena stessa, lungo mirabili
esperienze di regia, abbiano bisogno di pubblicità e di "incentivi" per divenire
attraenti agli occhi e alle orecchie di pubblico. Poco importa che l'invenduto
diminuisca grazie a un'attenta politica manageriale: è spaventoso di per sé che
esista un invenduto.
È scandaloso e lacrimevole che non ci siano la Polizia e i Carabinieri e
l'FBI e il KGB a tenere a bada una folla che prema e schiamazzi e faccia a pugni
per entrare nell'Arena e per ascoltare, in quel contesto, la musica.
Se
c'è quel pauroso invenduto, ciò avviene poiché in Italia (unico Paese nel mondo
civilizzato) la percezione della musica si è liquefatta ed estinta dopo che 155
anni fa la musica è stata cancellata dal contesto della cultura stata cancellata
dal contesto della cultura diffusa in Italia, sicché oggi un qualsiasi ministro
o alto funzionario nulla sa di Monteverdi né di Wagner
(suvvia, neppure di Dante o di Einstein), e il papa dà un calcio a
Beethoven, poiché per tutti costoro i "giganti della grande musica"
sono i soliti che "fanno musica" miagolando al culmine dell'orgasmo o rantolando
per overdose.
Sì, don Ottavio, respiriamo. Ma ricostruire un bastione della
civiltà occidentale, in un'Italia che quanto a conoscenza della musica è già
Afghanistan o Arabia Saudita, non più Occidente, implica il reintrodurre la
musica nella circolazione del sangue degli italiani.
Se cominciamo da
oggi, entro una generazione ce la facciamo, e Carlo Fuortes non avrà costruito
sulla sabbia.
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