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Recensione opera Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi al Teatro Municipale di Piacenza

William Fratti, 17/10/2016

In breve:
Piacenza - Recensione dell'opera lirica "Un ballo in maschera" di Giuseppe Verdi in scena il 7 ottobre 2016 al Teatro Municipale di Piacenza con la regia di Leo Nucci.


Come di consueto il Teatro Municipale di Piacenza inaugura la nuova stagione con una produzione realizzata nell'ambito del Progetto Opera Laboratorio.

Il celebre baritono Leo Nucci è sempre il capitano della grande squadra e in questa occasione si cimenta con la regia di Un ballo in maschera di Giuseppe Verdi, che risulta essere davvero deliziosa. È molto classica, didascalica, ma viva e intensa, ricca di emozioni soprattutto nei gesti e negli sguardi. Con la collaborazione di Salvo Piro, le belle scene di Carlo Centolavigna e i curatissimi costumi di Artemio Cabassi, Leo Nucci crea dei momenti davvero suggestivi, come la scena nell'antro di Ulrica e l'intero atto de “l'orrido campo”, la cui atmosfera è ulteriormente impreziosita dalle luci significative di Claudio Schmid. Purtroppo il palcoscenico piacentino funziona ancora a chiodi e martello e lo spettacolo prevede tre pause, con grande disappunto di molti intervenuti.

L'ambito musicale è meno convincente. Donato Renzetti sembra avere perso la precisione di un tempo. Non è la prima volta che dà questa impressione e non è chiaro se si tratta di un segno di stanchezza o di troppo lavoro. Resta sempre uno dei migliori direttori verdiani nelle pagine in cui bisogna dare, come nei concertati che chiudono la prima e la seconda scena di primo atto, ma nei momenti più sottili, ad esempio il preludio, si sentono tutti i difetti. E così l'Orchestra Giovanile Luigi Cherubini parte con dei suoni abbastanza spiacevoli, per poi migliorare lungo la serata. È invece sempre eccellente il Coro del Teatro Municipale di Piacenza guidato da Corrado Casati.

Il protagonista è Vincenzo Costanzo e l'impressione che si ha è sempre la medesima, senza alcun segno di miglioramento negli ultimi mesi. Voce naturalmente bellissima, colore e timbro caldi e piacevoli, ma tecnicamente non sicuro, poco consistente nei centri e affaticato nella zona più bassa. C'è qualche bell'acuto, ma sembra essere messo lì da solo, al di fuori di una linea di canto, che è pressoché assente.

Amelia è Susanna Branchini, che dimostra grande volontà nel voler tenere a bada la sua voce particolarmente stentorea, ma riuscendovi solo a tratti. Vengono così a mancare quasi tutti i piani e le sfumature della primadonna verdiana. Si notano miglioramenti, rispetto al passato, nell'appoggio e nell'intonazione.

Renato è interpretato da Mansoo Kim, sempre squillante, ma in questa occasione appare un poco insicuro e in alcuni momenti addirittura calante. Considerando i buoni risultati degli ultimi tempi potrebbe essere un'indisposizione temporanea.

Paola Leoci è un Oscar frizzante al punto giusto. La vocalità leggera è ben adoperata e le incertezze iniziali, forse imputabili all'emozione, poi scompaiono col procedere della recita.

Ulrica è Agostina Smimmero, mezzosoprano dal timbro davvero interessante, soprattutto si riscontra una base solida nell'intonazione e ogni nota è emessa senza alcuna difficoltà. Purtroppo è molto disomogenea e grossolana, con una dizione incomprensibile. Lo strumento sembra essere ottimo pertanto, messa nelle mani di un buon insegnate, otterrebbe certamente i giusti risultati.

Efficaci e adeguati i personaggi di contorno: il Silvano di Giovanni Tiralongo, il Samuel di Mariano Buccino, il Tom di Cristian Saitta e il giudice e servo di Amelia di Raffaele Feo.

Scroscianti applausi al termine della recita da parte del pubblico piacentino che decreta il successo dell'inaugurazione.

 
 
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