Inizia bene la nuova stagione del Teatro Massimo.
Torna finalmente un'opera del repertorio classico italiano, purtroppo rappresentata raramente sui palcoscenici: a Palermo non era
messa in scena da oltre quaranta anni.
L'allestimento con la regia di
Giancarlo Del Monaco, audacemente moderno ed efficace,
ha rispettato ben poco quanto previsto sul libretto, a confermare che il diavolo può essere in ogni luogo ed in ogni tempo;
anche in una discoteca anni ottanta con sfera stroboscopia rappresentante il monte delle streghe del secondo atto, oppure nel
Sabba classico del quarto atto, nella rievocazione dell'incendio di Troia da parte di Elena all'interno di una grande conchiglia
in atteggiamenti saffici ed in piena Las Vegas, piuttosto che nell'antica Attica, con imponenti insegne luminose ed in cui
Mefistofele è celato sotto le spoglie di un portiere d'albergo e Faust è un turista con tanto di camicia fiorata.
Invenzioni registiche ed insiemi di scene e costumi (molto graditi dal pubblico, anche da quello più tradizionale) che hanno
soddisfatto tutti, quasi a tollerare le lunghe attese dei cambi di scena, con balletti e movimenti delle masse, in particolare
del coro che questa volta, nei ruoli dei demoni e delle streghe, è stato più che dinamicamente partecipe.
Definitivamente riveduta e corretta nel 1875 l'opera, musicata dal giovane Boito appena ventiseienne, intellettuale della
scapigliatura milanese, anche autore del libretto (scriverà successivamente anche quelli dell'Otello di Verdi e della Gioconda
di Amilcare Ponchielli con l'anagramma Tobia Gorrio) è come ben noto di chiara influenza wagneriana, ma anche beethoveniana e
si notano anche tanti spunti verdiani nonché rossiniani, in particolare nella chiusura dell'opera.
L'epilogo con la sconfitta di Mefistofele si conclude infatti con un crescendo ricco di intensi colori che il
Maestro Stefano
Ranzani ha saputo dirigere con grande precisione, evidenziando un ampio ed attento lavoro preliminare di concertazione.
Esperto conoscitore di Verdi e beniamino del pubblico palermitano (la sua precedente direzione è stata Traviata nello scorso anno), con
tempi sostenuti è riuscito ad ottenere dall'orchestra il massimo rendimento, con un ottimo equilibrio tra tutti gli strumenti,
sino a raggiungere l'apice delle sonorità nel suddetto epilogo con assoluta sicurezza.
Alla chiusura dell'ultima battuta il pubblico è esploso in una altrettanta sonora ovazione nei suoi confronti e dell'orchestra.
Ho avuto l'opportunità di assistere sia alla prima, sia alla replica del turno D – ripresa in audiovideo per una trasmissione
satellitare in diretta - e posso affermare che sono state entrambe di ottima esecuzione.
Il cast a proprio agio, con Ferruccio Furlanetto nel ruolo di Mefistofele, Giuseppe Filianoti come Faust e
Dimitra Theodossiou come Margherita.
Un Mefistofele diverso dal solito, distinto, quasi nobile ed in frac, a parte i travestimenti da frate e da portiere d'albergo,
ben rappresentato dal basso di fama internazionale – veterano Boris Goudonov, alla prima esperienza nell'opera di Boito - dal potente
timbro scuro e corposo e dall'ottima estensione vocale, dalle note più infernalmente gravi a quelle più acute baritonali eseguite
con altrettanta intensità, nonostante qualche segno di logorio del tempo della sua lunga carriera; più che convincente nel prologo
e nella "ballata del mondo" del secondo atto.
Il tenore Filianoti apprezzato precedentemente a Palermo, è stato un Faust dal timbro lirico chiaro e di chiarissima dizione,
come si addice ad un esperto belcantista come lui, con ampio volume e tanta sicurezza nel registro centrale, ma con qualche
piccola difficoltà negli acuti, emersa forse occasionalmente in entrambe le rappresentazioni al termine di "nei campi nei prati".
Belli e di gran trasporto romantico i suoi duetti con la Margherita della signora Theodossiou, anche lei ben nota a Palermo ed
interprete verdiana, trovatasi sicuramente a miglior agio in questo ruolo piuttosto che nella precedente Norma del mese scorso
sia per il minore impegno richiesto, sia per il timbro, nonché per l'estensione di soprano lirico spinto più adeguati a quest'opera.
"L'altra notte in fondo al mare...", che sembra tanto un'aria verdiana, è stata risolta con gran partecipazione emotiva e con
tanta sicurezza tecnica professionale; altrettanto per l'ascesa della croce di ferro verso il cielo a chiusura del terzo atto.
Dignitosi i comprimari e come si diceva prima, i componenti del coro – di alta liricità musicale ed ancor più coesi nella
replica domenicale - si sono dimostrati anche ottimi attori, nonché provetti ballerini nella discoteca/Brocken del secondo atto.
Belle e caratteristiche le voci bianche fuori scena delle falangi celesti e dei cherubini.
In definitiva due serate concluse con ampia soddisfazione generale del pubblico e di tutti gli interpreti, grazie ad una attenta
partecipazione di alta professionalità, per uno spettacolo all'insegna di un'accettabile innovazione.