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Recensione opera lirica Nabucco di Giuseppe Verdi all'Arena di Verona

Maria Cristina Chiaffoni, 17/08/2018

In breve:
Verona - Recensione dell'opera lirica Nabucco di Giuseppe Verdi in scena all'Arena di Verona il 10 agosto 2018.


E' una buona idea la trovata registica del francese Arnaud Bernard, ma appunto è un francese che vuole spiegare la storia del Risorgimento italiano a noi italiani. Risulta forzato, pesante e troppo alla ricerca dell'effetto cinematografico.

NABUCCO non è più ambientato nella sua epoca legittima, ma a Milano durante le cinque giornate epiche del 1848. Idea certo geniale, Verdi nel popolo ebreo reso schiavo e privato della sua patria vedeva il popolo italiano oppresso dall'austriaco invasore, ma risulta almeno a me molto forzato e pieno di errori e mancanze. La figura e la forza religiosa di Zaccaria viene meno completamente. Non è più il gadol cohen (gran sacerdote in ebraico) che con carisma e grande coraggio infiamma gli Ebrei, ma un capopopolo.

Quando intona “Vieni o Levita il Santo Codice reca” siamo proprio senza fondamento non fosse per la sublime, altissima interpretazione data dall'interprete.

Discutibili anche le scene di movimento durante arie o duetti molto belli da sentire magari in silenzio e non con spari e varie uccisioni o corse sul palco.

Restano comunque stupende e fantasmagoriche le scene a cura di Alessandro Camera, i costumi curati nei minimi particolari dal regista stesso e le belle luci di Paolo Mazzon.

L'Orchestra dell'Arena di Verona sembra nel primo atto restare smarrita e distratta, non riconosco la compagine eccelsa che ho sentito nelle altre opere. Scollata, sembra arrancare a stento sotto la direzione di Jordi Bernacer, ricupera poi a stento negli altri atti. Il Coro dell'Arena di Verona (diretti da Vito Lombardi) fin troppo bravo tra corse, spari, cannonate e processioni (ben poco milanesi, forse più adatte al sud Italia) a tenere una corretta linea di canto e un colore uniforme.

I solisti sono da grande serata a cominciare dal protagonista Luca Salsi un NABUCCO protervo, maschio e con un fraseggio ed un accento di grande effetto. Il suo “Dio di Giuda”, premiato anche dalla visione di una stella cadente luminosissima, è suggestivo, sofferto e da manuale.

Il soprano Susanna Branchini è semplicemente meravigliosa. Una voce morbida in ogni registro, anche nell'estremo acuto, disegna un'Abigaille forte ed umana al tempo stesso. Ed ascoltando lo Zaccaria di Riccardo Zanellato si capisce perché il M.Riccardo Muti lo ha scelto come basso di riferimento nelle sue recenti esecuzioni: figura imponente come la voce di autentica scuola italiana, ben emessa e dallo splendido colore brunito, ricerca del fraseggio perfetta in ogni nota e musicalità eccellente. Direi che meriterebbe proprio l'Oscar della lirica…

Buono anche lo squillo e bella la voce del tenore Vincenzo Costanzo un ottimo Israele (plauso alla Fondazione che schiera quattro belle voci finalmente italiane nel cast) .

Un po' pallida l'interprete di Fenena, la romena Carmen Topciu da ascoltare in ruoli più importanti perché il colore della voce e' molto bello.

Italiani e bravi anche le tre parti di fianco Romano Dal Zovo (sacerdote di Belo) Carlo Bosi (Abdallo) ed Elisabetta Zizzo (Anna). Pubblico numeroso e molto partecipe.

 
 
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