Potrei intitolare questo Rigoletto, visto in presenza al
sempre magnifico teatro del Maggio Fiorentino martedi 23
febbraio e trasmesso in marzo in streaming, la solitudine del male.
Il buffone protagonista, nella lettura graffiante ed incisiva del regista
Davide Livermore, risulta spaventosamente solo nella sua
deformità che non è fisica, ma morale.
E' immerso in un ambiente laido, soffocante e decisamente malvagio, dove ogni
essere umano è calpestato ed offeso in nome di una legge immorale e perversa che
vede il Duca come suo massimo esponente. E si intuisce che per
sopravvivere in questo mondo e per avere il suo posto in esso il nostro
protagonista deve essere per forza cattivo e protervo.
Uno spettacolo potente, da pugno nello stomaco, ma di una grandiosa forza
espressiva e visiva, che prende a poco a poco lo spettatore, dapprima un po'
sconcertato, ma poi affascinato e commosso. In questo mondo sporco e desolato,
direi disumano, Gilda risalta nella sua dolcezza ed umanità dolente di
fanciulla che vive con forza i suoi primi sentimenti di amore.
La lettura musicale del direttore d'orchestra Riccardo Frizza
è una delle più commoventi ed insieme rispettose della partitura verdiana che io
abbia mai ascoltato. Il maestro bresciano elimina ogni tradizione ed ogni acuto
e sovracuto che il pubblico ormai aspetta e conduce l'ascoltatore in una
dimensione umanissima dei personaggi con un attento studio del fraseggio e dei
colori vocali e strumentali. Nessuna nota e frase vengono lasciate al caso, ogni
parola pare scolpita nella pietra e vengono scoperti nuovi accenti ed emozioni
in ogni momento dell'opera.
Lo asseconda con una grande performance il baritono Luca Salsi,
che tratteggia un Rigoletto indimenticabile, gigante nella sua doppia
personalità di malvagio servitore del potere bieco e padre amoroso. Basta per
descrivere l'emozione provata, il “Pari siamo” sussurato, sofferto,
scolpito in ogni sillaba come deve essere in realtà: un soliloquio di un uomo in
una strada buia di notte che si trova in meditazione sullo squallore della sua
vita. La voce del cantante parmigiano, duttile, morbidissima ed altamente
espressiva, trova mille sonorità e colori infiniti con intelligenza musicale non
comune. A tratti risulta in qualche attacco un po' appesantita, ma questo non
disturba l'ottimo risultato finale.
La bella figura, dolcissima e la voce soave, musicalissima ed uniforme in
ogni registro del soprano albanese Enkeleda Kamani, donano al
personaggio di Gilda il suo giusto spessore di fanciulla inesperta, ma
con forza di volontà ben celata, privandola grazie alla lettura di direttore
d'orchestra e regista, di ogni atteggiamento infantile o da coquette che spesso
viene affibbiato alla povera figlia del protagonista. Da rimarcare un “Tutte
le feste al tempio” cantato a fior di labbra con voce di pianto
tenerissima.
Il tenore Javier Camarena è un impertinente, menefreghista
Duca di Mantova, con voce svettante e ben emessa . Una voce raggiante
potremmo definirla, e con acuti ben proiettati.
Alessio Cacciamani è un torvo Sparafucile, anche se
la voce non risulta all'ascolto brunita e dotata di potenza come ci si aspetta
da chi interpreta il sicario borgognone. Ma il cantante è corretto e musicale e
rende bene il personaggio scenicamente.
Analoga impressione anche per la sorella Maddalena,
drammaturgicamente parlando, che ha la bella figura scenica e la voce di
Caterina Piva, elegante nell'emissione, ma non molto incisiva e un po'
più leggera vocalmente in confronto al colore e peso vocale richiesto alla bella
sorella del borgognone assassino.
Colpisce l'entrata in platea del conte di Monterone cui da voce ed
anima in maniera egregia ed importante Roman Lyulkin.
Come si ascoltano con piacere Valentina Corò ( una
Giovanna quasi pentita dell'intrigo che sta facendo), il Marullo
brunito ed efficace di Francesco Samuele Venuti,
l'ardente e svettante Borsa di Antonio Gares ed il
maltrattato e musicale Conte di Ceprano di Davide Piva.
Corretti Amin Ahangaran (usciere di corte) e
Greta Doveri (un paggio).
Risalta per fisico ed in abiti succinti Rosalia Cid, con una
voce buona come Contessa di Ceprano.
L'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino dimostra ottima
professionalità, ben seguendo la volontà musicale del direttore Frizza
e donando atmosfere da brivido. Il Coro del Maggio , (Maestro
del coro Lorenzo Fratini) risulta all'ascolto uno strumento
unico ed affascinante, nonostante distanziamenti e mascherine imposti dalle
regole anti Covid
Di grande impatto le scene di Giò Forma che a
seconda del momento sono monumentali (reggia del Duca) o squallide, ma sempre
aderenti al carattere impresso dal regista allo spettacolo.
Ben avvolte e sostenute dalle luci crude ed importanti di
Antonio Castro dai costumi di Gianluca Falaschi
e dai video di D-wok
E' una rappresentazione che suscita sentimenti diversi e forti, che resta
nell'anima di chi ascolta e fa rivivere le emozioni di cui troppo spesso una
pandemia prepotente come il duca di Mantova ci ha privato da più di un anno.
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