La Traviata di Giuseppe Verdi
Libretto di Francesco Maria
Piave
Regia di Arnaud Bernard
Direttore d'orchestra
Christian Badea
Scene di Alessandro Camera
Costumi Carla Ricotti
Luci di Patrick Méeus
Soprano : Mariella Devia
(Violetta Valere)
Tenore : Saimir Pirgu (Alfredo Germont)
Baritono : Luca Salsi (papà Germont)
Orchestra Filarmonica
Marchigiana
Coro Lirico V. Bellini.
Genere : Opera lirica in tre
atti.
Durata : 180 minuti.
Teatro delle Muse di Ancona
Dal 29.02.2008 al
05.03.2008
Opera nel complesso di
apprezzabile fattura in cui la mai abbastanza celebrata Mariella Devia
sopperisce con una prova magistrale alle lacune della direzione orchestrale,
incapace di ricreare gli accenti del dolore e la palpitante poetica degli
affetti di Verdi.
Nonostante
la presenza dei due più famosi preludi composti da Verdi e il continuo ricorrere
di ritmi ternari Christian Badea non riesce a far decollare l'orchestra ed il
tessuto strumentale resta puntualmente relegato in secondo piano da una
messinscena che privilegia un impianto drammaturgico in cui riluce il
virtuosismo lirico e l'incanto seduttivo di Mariella Devia. Â Piaccia o
no, anche questa edizione de La Traviata si sostanzia nella sua
protagonista. E non perché Violetta sia interpretata da un soprano di caratura
mondiale, acclamata nei principali teatri lirici internazionali; ma perché il
maestro ha scelto di affrontare un caposaldo della letteratura operistica con lo
spirito del neofita ancorché di lusso.
Ne è
scaturita una direzione formalmente incanalata su binari tradizionali, incapace
di cogliere dettagli e sfumature di quell'immortale melodia con cui Verdi
inquieta e consola, ferisce e risana. Badea accarezza la Filarmonica Marchigiana
rendendola vaporosa e non riesce qui a ricreare quella suggestione romantica
capace per alchimia di estendersi al pubblico, regalandogli intensi spazi di
rapimento estatico. Forse a causa dell'inesausta varietà dinamica impressa dalla
lettura pur classica e rispettosa del testo operata dal regista Arnaud Bernard.
Questi
rinuncia nondimeno all'interno dei canonici quattro interni borghesi fissi,
avvalendosi di una scenografia fluida che Alessandro Camera ricava da repentini
cambiamenti a vista. Per cui si passa dall'atmosfera lussuriosa del divano del
primo atto alla drammatica scomposizione finale dell'appartamento, anticipato
dall'incombente crudeltà del male che qui assume i contorni cromatici del nero,
che irrompe sul tema dominante del bianco e lo violenta.
Facendo leva
sulle linee guida del simbolismo e del minimalismo, il regista francese rinuncia
agli orpelli oleografici, confezionando un prodotto essenziale ma raffinato,
dominato tuttavia dal ritmo veloce che non lascia allo spettatore il tempo di
immedesimarsi in questo capolavoro della più sognante delicatezza romantica.
L'attenzione
si polarizza ovviamente sull'interpretazione del celebre soprano, che ricava
dalla forza magica della propria voce note palpitanti e flautate, un impasto
timbrico di morbido fascino e di bella cantabilità. Indimenticabili alcuni passi
di straniante dolcezza e di trepido abbandono eseguiti con sensuale
consapevolezza scenica, rivelandosi artista capace di trasmettere emozioni in
virtù di una voce ricca di vibrante lirismo e di comunicativa squisita.
Il tenore
albanese Saimir Pirgu, pur dispiegando tutta la gamma delle sue
potenzialità vocali, è un Alfredo Germont privo della forza drammatica più viva.
La sua interpretazione, pur misurata e carica di sicurezza tecnica, avrebbe
tratto maggiori benefici da una maggiore carica di passionalità. Luca Salsi,
nei panni di papà Germont, brilla per la rilucente prestanza del suo
ragguardevole timbro baritonale profondo e vibrante. I costumi originali sono
stati ricreati da Carla Ricotti in una nuova visione di grande raffinatezza che
privilegia la linea rispetto al dettaglio.
Gian Paolo
Grattarola |