Erano da poco scoccate le 17.30, solito e puntuale orario d'inizio del turno
domenicale ed ancora la fossa orchestrale era deserta, si sentiva soltanto la
prova di un violino.
Non appena la solita voce anonima ai microfoni del teatro annunciava che la
rappresentazione avrebbe avuto luogo con la mancanza di alcuni movimenti
scenici, a causa di un'improvvisa agitazione sindacale di taluni attrezzisti,
scoppiava un clamoroso corale dissenso da parte del pubblico, mentre gli
orchestrali prendevano posto e sino alle prima battute della sinfonia che il
Direttore ha dovuto chiudere per l'insopportabile chiasso.
Soltanto a seguito dell'intervento rassicurante di un dirigente del teatro
presentatosi in sala, che assicurava che lo spettacolo sarebbe stato completo,
eccetto le riduzioni anzidette e calmatesi le ire, è stato possibile iniziare
con ben quaranta minuti di ritardo.
Reazioni del genere, talvolta sproporzionate e forse strumentali (si
verificavano anche nell'ottocento e certamente non per motivi sindacali) sono
ormai ricorrenti in tutti i teatri e gli spettatori sono stanchi di assistere ad
allestimenti ridotti e ad orchestre dimezzate e qualche volta anche a
rappresentazioni in forma di concerto e basta un nonnulla per causare
un'esplosione di proteste, come in quest'importante replica (alla prima, di
giorno 9 era andato tutto bene; invece per “La carriera di un libertino”
di Stravinskij erano saltate sia la prima, sia alcune repliche).
Per fortuna vince sempre la buona musica e nonostante tutto lo spettacolo è
andato bene, salvo l'evidente nervosismo iniziale dei musicisti.
Un Cast di primordine: Mariella Devia-Anna Bolena; Giacomo
Prestia-Re Enrico VIII; Laura Polverelli-Giovanna di
Seymour.
Direzione d'orchestra del Maestro Marco Guidarini.
Sin dall'inizio dell'ouverture si evince l'ottima concertazione del
giovane Direttore Guidarini molto noto anche all'estero, curata nei
particolari, con ritmi e tempi adeguati e dai bellissimi colori strumentali, in
un'esecuzione d'ampio spessore drammatico e contemporaneamente melodica, che
richiama righi musicali di lavori precedenti di Donizetti e che sembra possedere
in pectore il capolavoro di Lucia di Lammermoor. I duetti, i
terzetti, i quartetti ed i numerosi ampi concertati costituiscono tante belle
pagine musicali che caratterizzano un lavoro che è stato senz'altro un punto di
svolta tra l'opera tradizionale e quella ampiamente espressiva degli stati
d'animo dei personaggi, in particolare per la sofferenza interiore di Anna
Bolena.
Mariella Devia, affermatissima belcantista internazionale, specializzata
nei ruoli belliniani e donizettiani sin dal debutto negli anni settanta,
indimenticabile Lucia di Lammermoor di qualche anno fa a
Palermo ed ottima Maria Stuarda recentemente alla Scala,
spesso anche interprete verdiana (di gran successo la sua ultima Violetta
Valery ad Ancona) ha risolto il personaggio con la sua distinta
nobiltà di canto e di interpretazione scenica.
Una regina triste e dimessa sin dal primo atto, cosciente del tradimento del re,
ma orgogliosa ed energica nello stesso tempo, sino all'ultimo momento. I
l suo canto si distingue per l'armonia, per l'uniformità dei filati e per
l'agilità, senza mai forzare gli acuti, eseguiti con estrema sicurezza e
limpidezza come previsti dalla partitura. Certamente il volume della voce col
tempo si è ridotto un po', soprattutto nella regione medio-grave, ma
nell'estensione verso la zona alta possiede ancora bellissimi colori e gran
tenuta dei fiati; le ultime due arie sono state da manuale.
Nei duetti con Giovanna di Seymour, ancella e corretta rivale di
Anna, si sentiva prevalere l'intensità vocale mezzosopranile di Laura
Polverelli, che calca le scene dagli anni novanta con buon successo nei
teatri europei, in un vasto repertorio che comprende Händel,
Mozart, Rossini, Bellini, Donizetti, Bizet. Un bel registro vocale il suo,
ben esteso in particolare nella tessitura più alta; di ampio volume, di chiaro e
sicuro fraseggio, forse con tecnica da affinare un tantino, ma di gran
personalità e di sicura disinvoltura interpretativa. Buono l'affiatamento con la
signora Devia, derivante da altre recite in diversi teatri.
Determinante tra le due rivali l'Enrico VIII di Giacomo Prestia.
Anche lui noto cantante esordito negli anni novanta, ormai di fama
internazionale ed esperto dei ruoli verdiani, apprezzatissimo Filippo II
nel “Don Carlo” del 2003 a Palermo, con Renato Bruson e
Giovanna Casolla e con la direzione di Renato Palumbo. Bel timbro
dall'ampio volume esteso di basso, che predominava anche sui concertati più
intensi, dalla chiara dizione e d'altrettanta sicurezza vocale interpretativa;
un po' impacciato nei movimenti a causa dei sontuosi e voluminosi costumi, è
stato in ogni caso all'altezza del personaggio; purtroppo l'opera per lui non
prevede alcuna aria solista.
Peccato non potersi chiudere un quartetto che sarebbe stato perfetto, se la
parte di Riccardo Percy, precedente amante della regina, fosse stata
affidata ad altro tenore. In effetti, inizialmente nel cartellone era previsto
Stefano Secco che conosciamo tutti per le sue doti di tenore lirico, ma
la sua sostituzione con Fernando Portari non è sembrata adeguata. Il
giovane tenore ha cantato con tanta generosità senza risparmiare il volume ed il
gran fiato di cui è dotato, ma il suo stile non è omogeneo ed in definitiva non
è ancora maturo per i ruoli di lirico-leggero cui dovrebbe appartenere.
Tra i comprimari infine si sono distinti particolarmente Ugo Guagliardo,
giovane e molto promettente basso nel ruolo di Lord Rochefort, fratello
di Anna e Manuela Custer nei panni di Smeton, paggio della
regina.
Molto apprezzato e ben diretto il coro dal Maestro Miguel FabÃan MartÃnez,
anche se non previsto al gran completo, costituito prevalentemente da sezioni
separate di voci maschili e femminili, nelle rispettive parti del Consiglio
dei Pari e delle ancelle della regina.
Per quanto concerne l'allestimento, proveniente da Verona e Trieste, si è
rimasti favorevolmente impressionati, dopo il particolarmente trasgressivo
“Rigoletto” del 2001 con la stessa regia di Graham Vick. Questa
volta, pur restando nella visione moderna e minimalista della rappresentazione,
la regia è stata piuttosto sapiente. I personaggi si muovevano prevalentemente
su due piani metallici incrociati e sovrapposti che sarebbero dovuti essere
mobili se non ci fosse stata la suddetta astensione degli attrezzisti;
bellissimi i costumi di Paul Brown, un po' troppo voluminosi
soprattutto per il re, come si è già detto.
Sarebbe stato veramente un peccato se si fosse perduto uno spettacolo di questo
livello.
Lo stesso pubblico che aveva tanto protestato all'inizio, si è complimentato a
scena aperta ed al termine della rappresentazione, con tutti gli artisti ed in
particolare, ovviamente, con la signora Devia.
A cura di Gigi Scalici
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