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» Recensione de Il Crepuscolo degli Dei di Wagner al Comunale di Firenze

Silvia Cosentino, 10/05/2009

In breve:
03/05/2009 - Ancora il geniale stile furero e la possente direzione di Zubin Metha per Götterdämmerung, epilogo della colossale tetralogia wagneriana Der Ring des Nibelungen: coprodotto dal Maggio Musicale Fiorentino con il Palau de les Arts Reina Sofìa di Valencia, questo nuovo Crepuscolo degli Dei si presenta in prima mondiale proprio nel capoluogo toscano, che ha vissuto tutte le fasi dell'allestimento.


Dall'alto, Jennifer Wilson e Stefan Stoll, Ryan e Flaitz

Un prologo e tre atti (a riprodurre la struttura del ciclo intero) per la terza giornata della saga, la più ardua dal punto di vista compositivo e caratterizzata da temi musicali difficili da memorizzare. Invariato il sodalizio vincente tra Metha, al suo secondo Anello fiorentino dopo quello del 1979-81 con Luca Ronconi, e Carlus Padrissa, alla guida dell'allestimento firmato Fura dels Baus, anche stavolta rispettoso di quella fondamentale unità parola-musica-scenografia tipica del genio tedesco.

Con formula invariata, la scena di Roland Olbeter è giocata attraverso elementi meccanici, schermi elettronici semoventi e un sipario trasparente su cui vengono proiettate immagini e luci (firmate da Peter van Praet): il tutto gestito attraverso cambi a vista, in linea con quel distacco wagneriano ben lontano dal realismo.

Lance Ryan e Bernadette Flaitz
La vicenda riprende dalla conclusione di Siegfried, dal risveglio di Brünnhilde che determina il passaggio dal regno degli dei a quello degli uomini. Sospese in aria con un'imbracatura, Le tre Norne (Daniela Denschlag, Pilar Vázquez, Eugenia Bethencourt) filano le trame del destino, passato presente e futuro, che finiscono per intrecciarsi in modo caotico in segno di cattivo presagio. Su una variante musicale del corno e sul tema d'amore, i due amanti si presentano avvinghiati su un tondo letto di fiamme ed eruzioni vulcaniche: il tenore Lance Ryan interpreta il corpulento Siegfried, facendo rimpiangere la potente vocalità e la disinvoltura corporea di Leonid Zakhozhaev. Come nella giornata precedente, il protagonista è eroe goffo, non privo movenze e reazioni ingenue, presto preda della corruzione del mondo. Il soprano Jennifer Wilson è Brünnhilde, potente e impeccabile nel canto: pur tradendo una certa rigidità nella mimica, risulta a proprio agio nel ruolo dell'eroina passionale vittima dell'inganno, pronta a trasformarsi per vendetta.

Come sempre abile, l'Orchestra del Maggio segue il ritmo del viaggio di Siegfried, in groppa a un cavallo-gru verso la capitale dei Ghibicunghi, metropoli fluttuante dominata dal colore rosso, espressione della nostra epoca in crisi. Buon sauvage attratto dalla città e dal denaro, il protagonista abbandona la propria purezza, la stessa che lo ha reso finora immune alla maledizione, annunciata dai tromboni. Con forti richiami all'economia padrona, gli schermi sono popolati da numeri, così come i costumi (Chu Uroz) dei tre fratelli: il gigantesto Gunther (il basso Stefan Stoll), bianco nel vestito e nel viso; la tenera Gutrune (il soprano Bernadette Flaitz), rinchiusa in una sfera fluttuante, campana di vetro per una bellezza immortale; il malvagio Hagen (il basso Hans Peter König), contenuto, austero nei movimenti, accompagnato da una melodia minimale che introduce il metallico tema ghibicungo. Su consiglio di questi ambigui personaggi, le cui individualità sono appena accennate tanto da risultare complessivamente inconsistenti, Siegfried abbandona la propria natura per uniformarsi agli altri: la veste di pelli lascia il posto a un completo scuro, così come i dread a un'ordinata testa calva. L'antagonismo tra Brünnhilde e Siegfried
Dimentico del proprio passato a causa del filtro di Gutrune, il protagonista si appresta a conquistare Brünnhilde per darla in sposa a Gunther; si allontana su una barca, una macchina fluttuante che oscilla su quattro gru, con l'elmo magico generato dal tema del fuoco. Il ritorno alla rupe della valchiria è il momento più moderno dal punto di vista musicale: l'orchestra racconta i patti appena stabiliti, fondendo con le melodie del corno, delle memorie amorose e della cavalcata. Quando l'eroina precipita nell'amara realtà con l'inganno di Siegfried, i sei schermi ruotano mostrando il retro, dodici piramidi aguzze di colore nero, mentre Brünnhilde viene soggiogata dall'abbraccio di figuranti nudi.

Impegnati nell'unico coro presente nel ciclo del Ring, le voci del Maggio Fiorentino rendono con possenza l'arrivo dei vassalli di Gunther per il sacrificio agli dei: uomini e donne in abito scuro maschile e occhiali da vista, massa informe ossessionata dalla difesa della propria città.

Lo spettacolo raggiunge il culmine di bellezza nel Preludio al terzo atto, il più unitario dal punto di vista musicale. Sul celebre accordo primigenio (in Mi bemolle), si ritorna al tema del fiume, verso l'antica melodia di rimpianto dell'oro; i video evocano immagini acquatiche, mentre i figuranti sostengono alghe composte da bottiglie di plastica. Le tre Figlie del Reno emergono da vasche trasparenti piene d'acqua, eseguendo evoluzioni accompagnare da clarinetti, ultima novità tematica del ciclo. Splendido l'intreccio vocale tra il soprano Silvia Vázquez, il mezzosoprano Ann-Katrin Naidu e il contralto Marina Prudenskaya, impegnate in un'ammaliante nenia resa ancor più accattivante dalle trasparenze dell'acqua.

Lance Ryan e Hans Peter König
La parte finale dell'opera riserva momenti di particolare impatto come quello della marcia funebre, in cui la musica è protagonista con una vera e propria sfilata di temi: si abbassano le luci, un gruppo di figuranti trasporta il corpo dell'eroe in mezzo alla platea; il lenzuolo mortuario che lo ricopre porta la scritta in lingue diverse “Siegfried siamo tutti noi”.

La saga si avvia alla conclusione, si chiudono le sciagure generate dal desiderio di potere, metafora furera dell'accumulazione capitalista; con la restituzione dell'anello, la Natura e il Reno recuperano il proprio equilibrio. Su tre temi musicali differenti, le Ondine si rasserenano, la torre di persone sospese in aria del Walhalla arde nel fuoco, mentre gli schermi riportano le parole piene di romanticismo pensate da un giovane Wagner per Brünnhilde, ma di fatto mai incluse nella stesura definitiva: “Se passò come un soffio la stirpe degli dei / se torno a lasciare il mondo senza signore / al mondo mostro ora il tesoro del mio più sacro sapere. / Non valori, non ori, neppure la magnificenza degli dei; / né casa, né corte, né altero splendore; né il falso legame, / né i torbidi patti, neppure la dura legge di ipocrite abitudini, / fortunati nella gioia e nel dolore, / lasciate esistere solo l'amore.”

La caduta del Walhalla

La Gesamtkunstwerk, l'opera d'arte totale, è giunta a conclusione. Alles was ist, endet.

 
 
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