Mi è stato chiesto di parlare di esperienze concrete, interessanti per coloro che si interessano di lirica e ancor più di canto.
Posso dire che insegnare canto è una grande responsabilità,
perché nelle mani degli insegnanti vengono riposte aspettative, speranze,
sogni e…. soprattutto voci.
Impostare una voce è compito assai difficoltoso, abbisogna di tempo,
pazienza, psicologia, positività, entusiasmo e, scusate l'immodestia,
capacità, esperienza e soprattutto amore.
Amore per la musica, in primis, per la lirica, per i giovani e per l'arte,
perché c'è molta differenza tra una persona che canta ed un artista.
Oggi siamo abituati a non analizzare più quello che ci viene proposto, se una
cosa la vediamo o sentiamo in televisione diamo per scontato che sia una buona
cosa, la superficialità ha preso il posto della consapevolezza e della
capacità di discernimento. So per certo che nei pochi Grandi rimasti a
testimoniare il fulgido passato della lirica italiana, l'amarezza per le moderne
gestioni dell'argomento “lirica” ha preso il sopravvento sull'amore.
Oggi si cercano gli insegnanti che abbiano agganci con le agenzie teatrali o
con direttori artistici (che spesso dirigono poco artisticamente) perché si
ritiene più importante l'aggancio giusto del saper cantare.
Basta ascoltarli, i
Grandi, quando parlano di come solevano studiare una romanza, un ruolo, di
quante volte hanno rinunciato a recite non adatte alle loro corde, alla loro
spiritualità. Mi commuovo quando ti raccontano di aver cercato dentro di
loro il colore giusto per una frase, l'espressione adatta al personaggio di
turno.
Anche oggi leggiamo qualcosa di simile nelle interviste, ma quando poi li
ascoltiamo, i “nuovi grandi”, ci rendiamo conto che sono parole dette solo
perché commercialmente fa un bell'effetto e non perché siano concetti
interiorizzati e messi in pratica.
Come ci si accorge di questo?
Ascoltando! Prendete una incisione dal vivo degli anni '60 e
ascoltate le romanze dei protagonisti; sentirete che ogni parola ha un
suo colore, sentirete che le frasi hanno un senso, sentirete che ci
sono parole che straziano l'anima (anche senza vedere gli interpreti) perché la
forza, l'espressività del cantante stava nel suo sentire e trasmettere i
sentimenti del personaggio. Poi prendete una registrazione, dal vivo, dei
giorni nostri e confrontate le romanze. Le trovate uguali?
Allora non avete ascoltato bene, perché il cuore non mente!
L'Artista dà l'anima sul palcoscenico anche se non puoi
vederlo, anche se non canta alla Scala, semplicemente perché il vero
Artista ha una grande anima al servizio della musica, non del
portafogli! L'Artista è tale quando fa musica non quando elenca dei
suoni senza sentimento magari atteggiandosi a Eleonora Duse in pose plastiche o
scegliendo di mostrare il profilo migliore.
Superficialità è la parola d'ordine, forti del fatto che chi
sovrintende non intende (perdonate il gioco di parole) e che chi ascolta viene
soggiogato da articoli scritti da chi non ha mai ascoltato un'opera intera e si
basa su ciò che legge sulla carta patinata ove il cantante viene sovraesposto
come un attore di Hollywood e nessuno si permette di dire che forse il
repertorio che affronta non è proprio giusto.
Il risultato … sono i divi effimeri dei giorni nostri che durano qualche
anno e non più perché la loro tecnica di canto non è completa e la voce si
perde, oppure perché sono spalleggiati per qualche tempo poi la loro stella si
spegne a favore di altri più giovani e quindi disponibili.
Pensate che i Grandi abbiano torto nell'amareggiarsi?
Rispondete col
vostro pensiero o le vostre esperienze personali e fateci sentire che c'è voglia
di cambiamento, voglia che la grande arte nazionale ritorni splendida come
quando era possibile trovare 5 o 6 compagnie di canto formate da grandi voci, in
giro per l'Italia e per il mondo. |