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» Recensione opera Luisa Miller di Giuseppe Verdi Teatro Regio di Torino

William Fratti, 08/07/2010

In breve:
Torino, 18/04/2010 - La Stagione del Teatro Regio di Torino ospita uno dei titoli degli anni di galera di Giuseppe Verdi, Luisa Miller, ancora legato alla tradizione della prima met dell'800 con i numeri chiusi, le cabalette e le strette finali nei duetti, ma gi precursore della maturit del compositore bussetano.



La Stagione d'Opera del Teatro Regio di Torino ospita uno dei titoli più belli e difficili degli anni di galera di Giuseppe Verdi, Luisa Miller, da sempre considerata uno dei melodrammi verdiani più sperimentali, accanto a Macbeth e Stiffelio, ancora legato alla tradizione della prima metà dell'800 con i numeri chiusi, le cabalette e le strette finali nei duetti, ma già precursore della maturità del compositore bussetano, soprattutto nel terzo atto.

L'allestimento
interamente firmato da Denis Krief, proveniente dal Teatro Regio di Parma – dove era stato freddamente accolto nel 2007, ma senza incorrere nelle ire tremende del loggione, grazie alla partecipazione di un cast di altissimo livello – nella recita di domenica 18 aprile è passato sotto la totale indifferenza del pubblico presente in sala, mentre martedì 20 aprile forti mormorii si sono immediatamente sollevati all'apertura del sipario.

Il regista franco-italiano è sempre preciso e minuzioso nelle sue scelte, nei tratti e nella gestualità, nelle posizioni e nella fotografia, ma sembra che voglia ammodernare gli spettacoli ad ogni costo, perdendo spesso la filologia e il "coup de théâtre" ideato dall'autore, magari volendone creare uno proprio. La scenografia ed il disegno luci in alcuni punti sono molto suggestivi, ad esempio nel duetto tra Rodolfo e Federica, oppure nel duetto tra Walter e Wurm ed il conseguente quartetto con Luisa e Federica, ancora verso il finale durante la preghiera di Luisa e l'ingresso di Rodolfo, ma per tutto il resto dell'opera si assiste semplicemente ad un palcoscenico vuoto e ad un continuo spostarsi di pareti, quinte e fondali. Da dimenticare è l'imbarazzante balletto di coristi e solisti durante la stretta "T'amo d'amor ch'esprimere".

Anche Donato Renzetti riprende le redini del temibile melodramma, ma perde il polso e la fermezza che lo hanno contraddistinto al Festival Verdi 2007. Già dalla sinfonia il maestro abruzzese appare discontinuo, fino a mettere in difficoltà gli interpreti e la sua direzione comporta delle diversità tra una recita e l'altra, confermando disattenzione ed insicurezza, forse dovute a motivi personali avulsi dalla messinscena.

Domenica 18 aprile
Fiorenza Cedolins veste i panni di Luisa, ma non riesce a consolidare lo straordinario successo di Parma. Il celebre soprano possiede sempre la bella voce che tutti conoscono, ma sembra essere molto stanca ed emaciata, tant'è che in "Lo vidi, e'l primo palpito" appare molto affaticata nel rincorrere le difficili agilità della cabaletta. Purtroppo anche l'emissione vocale non è delle migliori, è spesso coperta dal peso orchestrale ed è costretta a prendere alcuni fiati in più, ma nonostante tutto sa risparmiare le proprie energie per donare al pubblico un finale davvero commovente. La voce si scalda col procedere dell'opera, l'aria di secondo atto è resa correttamente, mentre tutto il lungo terzo atto è intenso e ben eseguito: migliorano le agilità in "La tomba è un letto sparso di fiori" ed il duetto conclusivo dell'opera è sinceramente toccante. L'augurio è che la cantante possa rimettersi al più presto per continuare a donare forti emozioni al pubblico di tutto il mondo.

Massimiliano Pisapia
, promosso in primo cast alla vigilia della prova generale, è certamente apprezzabile per l'impegno ed il bel timbro vocale, ma non per la tecnica, che evidenzia dei problemi nel passaggio verso gli acuti, che in certi momenti sono indietro, altre volte tendono a chiudersi, a discapito della sonorità. Purtroppo la presenza scenica non è delle migliori, in quanto il suo Rodolfo è spesso immobile od inespressivo.

Alberto Gazale
nel ruolo di Miller, accorso a Torino in sostituzione dell'indisposto Roberto Frontali, parte con timidezza. Purtroppo la voce non è limpida come suo solito e non trasmette quella bellezza di suono a cui ha abituato il pubblico che lo segue da oltre un decennio e l'impressione che se ne coglie è che "tiri indietro". Il baritono si riscatta nel finale primo risultando più emozionante e procede verso l'ultimo atto con intenso vigore.

Orlin Anastassov
è un Walter imponente, forse un po' troppo giovanile, e dimostra di possedere ottime qualità vocali, soprattutto per ciò che concerne l'emissione e la proiezione, oltre che distinguersi per la brillantezza, pur difettando nel fraseggio e nell'uso dei chiaroscuri. L'aria di sortita "Il mio sangue, la vita darei" è resa molto bene, ma un errore nella cadenza finale purtroppo lo obbliga a tacere un verso del libretto.

È affiancato da Enrico Iori nel ruolo del secondo basso, che interpreta un Wurm giustamente autorevole e malvagio, eccellendo nel fraseggio e negli accenti, confermandosi uno dei migliori bassi verdiani nel panorama lirico italiano. La sua voce intensa e ben impostata si nota soprattutto nella lunga scena con Luisa all'inizio di secondo atto, oltre che nel successivo duetto con Walter "Egli delira… L'alto retaggio non ho bramato", dove i due bassi danno ottima prova delle loro indiscusse qualità, risultando essere i migliori interpreti della recita.

Barbara Di Castri
è dotata di una voce dal bel colore scuro, ma il registro grave è privo di sostegno ed è di conseguenza più volte appesantito in maniera eccessiva e la zona acuta appare spesso poco pulita. Il ruolo della Duchessa Federica è abbastanza breve e purtroppo si tende a credere che sia semplice, ma al contrario ha tutte le difficoltà che si possono riscontrare nei ruoli verdiani scritti per i mezzosoprani protagonisti.

Nella recita di martedì 20 aprile il ruolo di Luisa è affidato ad Alexia Voulgaridou, dotata di indubbie qualità vocali dai forti accenti e di un timbro molto interessante, ma non entusiasma nell'aria di apertura che esegue legando tutti gli staccati e i picchettati. "Tu puniscimi, o Signore" è interpretata molto bene, con la giusta intensità drammatica e un buon uso dei colori, ma è nel duetto con Miller in terzo atto che si notano certi errori tecnici, soprattutto nell'appoggio poco sostenuto degli acuti, ancor più se inseriti nel canto di agilità, dove certe note sono solamente toccate e si perdono sotto il canto dei colleghi od il peso orchestrale. Il suo punto di forza è certamente il canto spianato, dove può mettere in mostra tutta la bellezza di una voce "che corre", calda e rotonda.

Francesco Demuro
, nei panni di Rodolfo, ripercorre i passi del suo debutto a Parma. Dotato di una vocalità molto chiara e leggera, dal timbro particolarmente luminoso, si mostra affaticato in tutta la zona acuta, forse a causa della tessitura troppo pesante della parte. Ciò lo porta talvolta a perdere l'intonazione, soprattutto nel finale primo e nel finale ultimo, e ad un vibrato un po' eccessivo. Ciò che lo premia sono le sue spiccate qualità interpretative e la sua generosità e durante l'aria "Quando le sere al placido" oltre ad un buon uso dei colori, risulta essere notevolmente intenso e toccante.

Il ruolo del vecchio Miller è eseguito da Sebastian Catana, che pur non possedendo una spiccata presenza scenica, sa farsi notare per la bella voce brillante e squillante, forse leggermente carente negli accenti e nei colori durante l'aria "Sacra la scelta è d'un consorte". Ciò che è più evidente, è la sicurezza nell'intonazione e nell'impostazione e la linea di canto resta ben omogenea fino al termine dell'opera.

L'instancabile Enrico Iori si trova a dover cantare quasi tutti i giorni, vestendo anche i panni del Conte di Walter. In questo caso perde tutte le caratteristiche di crudeltà e perfidia proprie dell'altro ruolo, a favore di una forte durezza esteriore dettata dalla posizione nobiliare assunta e contrapposta ad un'umanità intrisa di sensi di colpa interiori. Il personaggio è dipinto nei minimi particolari, cui contribuiscono un buono squillo e un sapiente uso dei colori, oltre che un fraseggio elegante che impreziosisce il cantabile della prima aria.

Andrea Papi
sostiene con fermezza la parte di Wurm. Dotato di una buona linea di canto e di un bel timbro vocale scuro e ombroso, si presta magnificamente a questa tipologia di ruoli verdiani e sembra perfetto il connubio con il collega Enrico Iori. Degno di nota il secondo atto, dalla scena con Luisa al duetto con Walter, fino al suggestivo quartetto.

Completano il cast Katarina Nikolic nel ruolo di Laura e Dominic Armstrong in quello del contadino.
Al termine di entrambe le recite completamente esaurite, scroscianti applausi per tutti gli interpreti.

 

 
 
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