Venerdi' 30 luglio al 56esimo Festival Puccini di Torre del Lago e' andata in scena la seconda replica di Tosca, allestimento gia' presentato nel 2009: appassionante la regia di Beppe De Tomasi, fortemente legata all'originario contesto storico in cui si inserisce la vicenda.
Quello di Victorien Sardou e' dramma d'azione, in cui gli eventi si svolgono velocemente avvincendo il pubblico: sposando totalmente questa linea, grazie anche alla riduzione di atti e personaggi realizzata da Luigi Illica, Giacomo Puccini compone una musica rapida, incisiva, fortemente evocativa dei vari caratteri rappresentati, che concede solo pochi, significativi, indugi meditativi con arie come Vissi d'arte e O dolci mani.
Mantenendo viva questa poetica e rispettando l'epoca di riferimento, quella della Repubblica Romana e della Battaglia di Marengo, le scene firmate da Antonio Mastromattei richiamano con efficacia le differenti ambientazioni dell'opera. Ai lati del palco due "capricci architettonici" semoventi di gusto sette-ottocentesco ricreano ora la chiesa di S. Andrea Della Valle, lasciando spazio a un'alta scalinata e un ricco altare, ora l'ampia sala di Palazzo Farnese, ora il desolato bastione di Castel S. Angelo. Da notare la cura dedicata ai costumi da Pierluciano Cavallotti, sia nella complessita' della processione del Te Deum sia nella simbologia, non nuova ma di certo efficace, riservata agli abiti di Tosca (rosso-nero a contrasto nel secondo e terzo atto) e di Scarpia, avvolto in una minacciosa mise scura.
La solida voce del soprano russo Liudmyla Monastyrska da' espressione alla mutevolezza di Floria Tosca, a quella travolgente passione che a tratti lascia spazio a una dolce remissivita'. Delude invece il tenore Walter Fraccaro, impreciso e pesante nell'esecuzione, ingabbiato nella rappresentazione di un Cavaradossi fin troppo pacato: a risentire inevitabilmente di questa mancanza di spessore e' il lungo duetto del primo atto, caratterizzato da una monotonia che spezza oltremodo l'incalzante azione a cui si e' precedentemente fatto riferimento. Straordinaria, come sempre, l'interpretazione di Giorgio Surian, che davvero molto si avvicina alle parole dedicate da Tito Gobbi al ruolo del barone: "Elegante, terribile e senza scrupoli, Scarpia deve saper sprigionare subito dal suo primo apparire la forza del male che, dall'orchestra, attraverso la sala, raggiunge le ultime file della galleria". In questo riesce il baritono, imponente fin dal suo primo ingresso dietro un'alta balaustra, sicuro e fermo nell'estensione vocale, inquietante anche nei momenti di controscena; la sua energia sul palco, ora subdola, ora esplosiva, esprime al meglio il minaccioso tema ideato da Puccini. Completano bene il cast il basso Mario Luperi (Angelotti), il tenore Massimo La Guardia (Spoletta) e il basso Federico Longhi (il sagrestano).
Molto buona la prestazione dell'Orchestra e del Coro del Festival Puccini, diretti rispettivamente da Pier Giorgio Morandi e Francesca Tosi; colpiscono la vivacita' e la disciplina delle Voci Bianche, guidate da Sara Matteucci, giocose e armoniche nell'intervento durante il primo atto.
Piacevole notare come si possa ancora realizzare un bell'allestimento di una delle opere piu' rappresentate al mondo, rinnovando tutta la grandezza del teatro pucciniano senza dover necessariamente affannarsi a trovare nuove, a volte stravolgenti, soluzioni interpretative. |