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» Recensione dell'Opera Rigoletto di Giuseppe Verdi al Teatro Giglio di Lucca

Silvia Cosentino, 19/11/2010

In breve:
Lucca, 13/11/2010 - Il secondo appuntamento con la lirica per il Teatro del Giglio di Lucca ha proposto il nuovo Rigoletto di Ivan Stefanutti: il regista friulano firma anche scenografie e costumi di un allestimento dominato da toni oscuri, in cui gli orrori dei personaggi si celano dietro la sontuosità degli elementi presenti sul palco.


Lo spettacolo è coprodotto con il Teatro Coccia di Novara, il Donizetti di Bergamo (in cui si è tenuta la prima il 5 novembre) e l'Ente Concerti Marialisa De Carolis di Sassari.

Quanto di terribile e nefasto si consuma alla corte del Duca di Mantova in questa celeberrima opera di Giuseppe Verdi è, secondo la lettura di Stefanutti, dissimulato grazie a una "grande cornice": un lusso, una bellezza di forme e orpelli volte a disorientare, ad allontanare l'attenzione dall'orribile essenza degli atti compiuti nella vicenda. Come sempre è stato, e probabilmente sempre sarà, la realtà delle cose viene in qualche modo celata da un abito elegante volto a decorare la malvagità umana.


Per questo motivo, il palazzo ducale è individuato da un'enorme cornice vuota di gusto barocco posta al centro del palco e da sezioni di altre cornici posizionate su vari livelli; la casa di Rigoletto e la locanda di Sparafucile sono invece rappresentate da alti parallelepipedi posti trasversalmente sul palco a creare movimento, con forme che richiamano più una prigione che un'abitazione.

Il predominante grigio, brillante o opaco, di tutte queste strutture subisce diversi e frequenti cambiamenti sotto l'effetto delle luci di Jean Paul Carradori, a creare un'atmosfera sempre inquietante e minacciosa con rapidi cambi dall'alto e di taglio. Splendido il momento conclusivo del temporale, in cui i vari fasci s'infrangono su masse e spazi vuoti, disorientando l'occhio dello spettatore.

La scena è giocata proprio sul contrasto tra i volumi e le aperture più o meno illuminate di uno spazio invaso, in molti momenti della vicenda, da un gruppo di ambigui satiri (sei donne e sei uomini, componenti del Balletto di Milano), completamente vestiti e dipinti di nero o bianco a seconda della situazione: compongono tableau vivant dentro la cornice, sgusciano, si nascondono sul balcone di Gilda, commentano con il corpo gli eventi.

Sono loro i motori delle notti infernali, quelle del Duca, quando i corpi ormai inutili delle donne vengono fatti scivolare via come spazzatura, e quella efferata alla locanda, in cui si compie il tremendo inganno. I tagli dei costumi mantengono l'epoca originale di ambientazione; anche qui dominano i toni scuri, eccezion fatta per la grottesca tenuta da buffone di Rigoletto e gli abiti verde smeraldo di Gilda.


Tutto il cast si adatta perfettamente con la lettura di Stefanutti, a partire dal Coro del Teatro Coccia di Novara (diretto da Gianmario Cavallaro), compatto e vigoroso nell'esprimere la corruzione della corte. Carlo Guelfi è commovente nella resa di tutta la complessità di Rigoletto: imponente nella voce e nel fisico, convince tanto in sarcasmo e crudeltà verso il mondo, quanto nella delicatezza verso la figlia, in un connubio struggente che affascina, portando copiose ovazioni da parte del pubblico. L'esecuzione  canora del baritono è chiara e pulita in tutti i passaggi tonali e accompagna sempre con giusta misura i vari aspetti della psicologia del protagonista.

La voce melodiosa del soprano Linda Campanella incanta con una Gilda dalla forte personalità, che emerge sia nei momenti di assolo, come nell'aria Caro Nome, sia nelle parti d'insieme.
Deludente il tenore Walter Borin nel ruolo del Duca: poco disinvolto nei movimenti, la sua performance canora è debole e spesso instabile in modulazioni e acuti, mancando di quell'incisività necessaria a un personaggio così fondamentale.
Convincenti tutti gli altri interpreti, tra cui il baritono Andrea Mastroni (Sparafucile) e il mezzosoprano Annunziata Vestri (Maddalena), che, come da indicazioni registiche, restituiscono una coppia di fratelli particolarmente ambigua e sanguigna.

Il Maestro Hirofumi Yoshida dirige con forza e sensibilità l'Orchestra Filarmonica Italiana, dando giusta espressività sia ai momenti impetuosi sia a quelli delicati, rappresentati dalla piccola oasi d'amore vissuta da Rigoletto e Gilda.


Fa piacere che il teatro lucchese abbia contribuito alla realizzazione di un così valido spettacolo, in cui le forti e originali scelte registiche esaltano e rinnovano la profondità di questo capolavoro verdiano; il tutto supportato da un cast complessivamente armonico che coinvolge il pubblico, permettendo di entrare in empatia con pulsioni e sentimenti universalmente riconoscibili e sempre veri.

 
 
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