O mia patria sì bella e perduta… così Piave e Verdi, con la
complicità di Riccardo Muti, il 16 marzo u.s, in occasione del bis
del coro del “Va pensiero” nella rappresentazione di Nabucco al
Teatro dell'Opera di Roma hanno convinto il Ministro dell'economia Giulio
Tremonti a riallineare la cifra destinata al FUS (Fondo Unico
per lo Spettacolo) che fino a quel momento era stata drasticamente ridotta.
Ma ripristinare i fondi non basta a salvare gli enti lirici, serve comunque un
piano strategico volto a recuperare efficienza e produttività, auspicando
economie di scala nella programmazione degli spettacoli. Questo porterebbe
benefici non solo alle casse degli enti lirici, ma anche a coloro che vi
lavorano e soprattutto contribuirebbe a diffondere la “cultura” italiana.
Nell'articolo di Sergio Rizzo, pubblicato su “Il sole 24 ore”
il 26 marzo u.s., l'autore afferma
“«Veni, vidi e capii», ha detto Giulio
Tremonti. (…) Intendiamoci: non che adesso ci sia da scialare. I soldi pubblici
a disposizione dello spettacolo sono ancora una frazione rispetto a quelli che
per esempio vengono stanziati in Francia, dove al solo teatro arrivano
quest'anno finanziamenti statali per 663 milioni, cifra superiore del 60%
all'intero Fondo unico così com'è stato reintegrato dal Consiglio dei ministri.
Fondo che risulterà in ogni caso nel 2011 pari a meno della metà di quanto fosse
nel 1985, quando venne costituito con una somma equivalente a 825 milioni di
oggi. E senza dover aumentare le accise sulla benzina, come ha deciso ora il
governo per compensare il reintegro. Facendo così pagare il conto a tutti i
cittadini. Ma almeno per quest'anno la catastrofe che paventava tutto il mondo
dello spettacolo a causa dei tagli è scongiurata.
Ciò detto, sarebbe insensato non approfittare di questa dolorosa vicenda per
fare un profondo esame di coscienza. Intanto sull'importanza degli investimenti
nella cultura in un Paese come l'Italia. La Francia, dove la politica è
decisamente più attenta a questo aspetto, dedica a tale capitolo cifre
decisamente più consistenti di noi pur avendo un patrimonio artistico,
archeologico e monumentale decisamente inferiore: il budget del ministero dei
Beni culturali francese è cinque volte superiore a quello del ministero
italiano. I cui fondi, peraltro, si sono ridotti negli ultimi dieci anni del
40%. E forse non è un caso che l'Italia, nel 1970 prima meta turistica mondiale,
sia ora scivolata al quinto posto, mentre la Francia è passata in testa, con un
numero di presenze straniere praticamente doppio rispetto al nostro.”
In ambito aziendale, i periodi di crisi sono visti come occasioni d'oro per
quelle organizzazioni virtuose che sanno cogliere l'occasione per rivedere il
proprio assetto e comprendere come migliorare la propria gestione per recuperare
efficienza e costi.
Perché non cogliere questa sfida anche in ambito culturale?
Sono ormai alcuni anni che oltre la metà degli enti lirici chiude in passivo a
causa della riduzione del Fondo Unico per lo Spettacolo, e l'unica soluzione che
viene proposta è il taglio delle programmazioni… nessuno pensa a recuperare
efficienza riducendo i benefit e aumentando la produttività, attraverso anche
economie di scala.
Purtroppo, però, nel mondo degli enti lirici questa mentalità fa fatica a
penetrare.
Perché?
“Le assurdità si sono stratificate in decenni nei quali il sindacato non ha mai
avuto difficoltà ad averla vinta su tutto. Ogni teatro ha la sua
amministrazione, il suo ufficio paga, il suo capo del personale... Le orchestre
sono doppie, con il risultato che i musicisti lavorano mediamente la metà.
Sopravvivono spesso catene di comando pletoriche e costose, contratti
integrativi senza paragoni nel pubblico impiego, e alcuni istituti sindacali che Bracalini ha giudicato «al limite del surreale». E questo è meno comprensibile.
Come l' «indennità umidità» per gli spettacoli all'aperto (che spetta pure agli
impiegati!), l'«indennità armi finte» applicata all'Arena di Verona per le
rappresentazioni che prevedono l'impiego di spade di compensato, l'«indennità di
lingua» , che al San Carlo di Napoli scattava quando nel testo c'era anche solo
una parola straniera, e perfino «l'indennità di frac». Oppure l' «indennità di
cornetta» , che percepiscono i suonatori di quello strumento, soltanto perché è
diverso dalla tromba. Ha riconosciuto un anno e mezzo fa Marco Tutino,
presidente dell'Anfols, l'associazione che riunisce le fondazioni: «Il sistema
della lirica è malato. Le regole sono sbagliate. I costi deliranti. I vincoli
assurdi. Siamo noi sovrintendenti i primi a dire che, se non si fa una riforma,
è inutile darci altri soldi».”
Questo vale sia per coloro che lavorano in teatro sia per coloro che lo
amministrano, perché spesso gli “sprechi” vengono proprio dalle alte cariche che
non rinunciano ai propri benefit e talvolta “arrotondano” i propri compensi con
voci di bilancio non ben definite.
E' indispensabile che ognuno, ad ogni livello, come nelle aziende, si assuma le proprie responsabilità, pertanto, se i risultati non sono soddisfacenti sia a livello economico sia a livello culturale, bisogna rispondere del proprio operato!
Volere è potere, le idee non mancano, i fondi sono stati ripristinati, è ora di
rimboccarsi le maniche e di pensare che si può e si deve lavorare meglio, perché
non sempre tutto è dovuto.
L'Italia, disgiunta prima e poi unita, è sempre stata la Patria dei grandi
cervelli: facciamo in modo che la crisi porti più produttività e quindi… più
cultura, il pubblico della lirica non aspetta altro! |