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» Recensione dell'opera I vespri siciliani di Giuseppe Verdi al Teatro Regio di Torino

William Fratti, 12/04/2011

In breve:
Torino, 27/03/2011 - Il teatro Regio mette in scena I vespri siciliani, opera di Giuseppe Verdi che fa risvegliare il patriottismo piu' puro.


(Clicca sulle immagini per allargarle - Foto tratte dal sito del teatro Regio di Torino)

Recensione Opera I vespri siciliani al Regio di TorinoGiuseppe Verdi è l'artista che più di tutti ha contribuito alla nascita e allo sviluppo di un'identità nazionale, a partire da quel Nabucco, dal coro del "Va', pensiero, sull'ali dorate" in cui il popolo milanese si è subito immedesimato. Il compositore delle Roncole, senza volere, ha continuato a dare voce al Risorgimento italiano con "O Signore, dal tetto natio" da I Lombardi alla prima crociata, con "Si ridesti il Leon di Castiglia" da Ernani, con "Patria oppressa! il dolce nome" da Macbeth, per poi musicare il testo di Goffredo Mameli "Suona la tromba" su commissione di Giuseppe Mazzini e fino a comporre appositamente La battaglia di Legnano, quasi a dare seguito alle Cinque Giornate di Milano. Ma l'opera che più di tutte, ancora oggi, sa risvegliare il patriottismo più puro è I vespri siciliani, giustamente scelta dal Teatro Regio di Torino per festeggiare il Centocinquantenario dell'Unità d'Italia.

Davide Livermore mette in scena uno spettacolo dalle tinte forti, soprattutto per i messaggi che trasmette, ben evidenti in ogni punto della vicenda. Il regista parte giustamente dal presupposto che Verdi non pensava ad un preciso momento storico, ma all'Italia, al concetto di Unità e soprattutto a quello di Nazione. È chiaro che allestire I vespri siciliani nella versione originale duecentesca o nella tradizionale revisione non ha più un senso, per questo Livermore si lascia ispirare dalla Strage di Capaci, dai problemi della mafia e del terrorismo, ma soprattutto dal sistema dei media, dalla cattiva informazione e dallo smantellamento culturale, che sostiene essere il nuovo invasore.

"Un applauso va rivolto anche ai collaboratori del regista, dalle scene di Santi Centineo ai costumi di Giusi Giustino, dalle luci di Andrea Anfossi, alle coreografie di Luisa Baldinetti e Cristina Banchetti. Alcuni nei andrebbero tolti o aggiustati, poiché disturbano l'eleganza che si conviene all'opera.

È un vero peccato che al termine della serata il regista sia stato contestato da una parte del pubblico. Si può fischiare uno spettacolo fatto male, questo è lecito. Ma non è corretto protestare qualcosa o qualcuno solo per la diversità di idee o di vedute. Questi Vespri possono non piacere, è soggettivo, ma sono stati fatti davvero bene, con tutti i crismi che convengono ad una produzione internazionale. E questo è un dato oggettivo.

Recensione Opera I vespri siciliani al Regio di Torino Maria Agresta – rivelazione dello Sferisterio Opera Festival 2010 e del Festival Verdi 2010, nelle vesta di Odabella nell'Attila verdiano – esegue il difficile ruolo di Elena con la giusta perizia, riuscendo laddove colleghe più esperte e blasonate hanno parzialmente fallito. Inoltre Sondra Radvanovsky ha dovuto cancellare molte recite a causa di un'indisposizione, passando il testimone alla Agresta.
Il giovane soprano di origine cilentana riesce a dispiegare in maniera omogenea e generosa tutte le pagine della lunga partitura, col giusto accento drammatico nei primi atti, passando alle tinte patetiche del quarto e ai colori tragici del finale, attraversando con intensità l'attesissima "Arrigo! Ah! Parli a un core" e con vigore misurato la parentesi del bolero. Nulla è lasciato al caso. Tutto è estremamente corretto. Se Maria Agresta continuerà nello studio, accettando ed affrontando in maniera intelligente i ruoli che le saranno offerti, solo l'esperienza potrà migliorare ulteriormente il suo canto e l'espressività del suo fraseggio.

Gregory Kunde si dimostra essere chiaramente all'altezza di se stesso. Forse manca della morbidezza e del fraseggio più tipici del canto italiano, ma ciò non è certo motivo di critica. Il tenore americano affronta la difficile partitura con la competenza tecnica del belcanto, acuti saldi e potenti, omogeneità nel passaggio e in tutta la linea di canto, nonché intensità nell'interpretazione e ne risulta vincitore. La parte di Arrigo è molto lunga, prevedendo quattro duetti, due arie, due concertati e un terzetto e ha una tessitura molto alta, ma Kunde la svolge senza segni di cedimento. "Giorno di pianto" è accolta con un lunghissimo e meritatissimo applauso del pubblico, ma meno apprezzata – ingiustamente – è "La brezza aleggia intorno", generalmente mai eseguita, forse perché prevede un re sovracuto che qui viene correttamente eseguito in un falsetto molto sonoro e uniforme alla vocalità.

Recensione Opera I vespri siciliani al Regio di TorinoFranco Vassallo è un baritono versatile, che sa sposare l'eleganza del belcanto all'accento verdiano con estrema naturalezza. Lo sviluppo psicologico di Monforte non è semplice, ma il baritono milanese sa creare un proprio personaggio seppur in maniera non troppo marcata. La vocalità è adeguata e denota i giusti colori, come pure la linea di canto è ben equilibrata. "In braccio alle dovizie" è resa con lirica intensità, anche se nel duetto successivo qualche nota è parsa calante.

Ildar Abdrazakov è un professionista del canto che conosce chiaramente i proprio limiti e sa arrivare ai giusti compromessi per mantenere alto il livello della propria prestazione. L'aria di sortita "O tu, Palermo, terra adorata" mostra immediatamente le sue naturali doti liriche e cantabili, la morbidezza del suono, le capacità interpretative e di fraseggio, come pure gli ostacoli nelle note più gravi, poco sonore, a tratti quasi parlate, ma comunque eseguite come da spartito. Forse la frase più debole è "Sì, parla! Se tu l'osi!" nel terzetto finale, ma nulla di tutto ciò guasta l'eccezionale esecuzione di questo complesso personaggio verdiano.

Un plauso va anche ad ognuno dei numerosi comprimari, che hanno eseguito la propria parte che la giusta efficacia, contribuendo in prima persona alla buona riuscita dello spettacolo.

Gianandrea Noseda dirige l'Orchestra del Teatro Regio di Torino con precisione, accuratezza e polso ben saldo, ottenendo un ottimo risultato. Fin dall'ouverture si nota chiaramente che la decisione del direttore è quella di ripulire la partitura da tutti gli effetti bandistici che talvolta assillano le orchestrazioni verdiane, oltre a ricercare colori altamente espressivi. Il concertato che conclude terzo atto è eseguito in maniera magistrale, fino a commuovere, soprattutto all'attacco di "O Patria adorata" che potremmo considerare alla stregua di un Inno Nazionale. Altrettanto significativi sono "Addio, mia patria, invendicato" di quarto atto e il terzetto conclusivo dell'opera.

Ottima è anche la prova del Coro del Teatro Regio guidato da Claudio Fenoglio.

 

 
 
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