Presta le tue orecchie alla musica, apri i tuoi occhi alla pittura, e...
smetti di pensare! Chiediti solamente se lo sforzo ti ha permesso di
passeggiare all'interno di un mondo fin qui sconosciuto. Se la risposta è sì,
che cosa vuoi di più? Vassilij Kandinsky - (Mosca 1866
- Neuilly-sur-Seine 1944)
Musica e arte è un tema tanto complesso e culturalmente elevato quanto estremamente interessante e affascinante. Per riuscire ad affrontare questo argomento abbiamo chiesto la collaborazione di due esperti qualificati.
Un connubio tra arti visive e musica: intervista doppia a Giovanna
Bonasegale, storica dell'arte, e Gianmarco Caselli, musicista e compositore.
Che rapporto c'è tra suono e
colore? E tra voce e colore? |
Un esempio – forse tra i più noti,
almeno in epoca contemporanea – del rapporto suono, musica, colore è
quello dell'amicizia tra Schoenberg e Kandinsky. Kandinsky, insieme con
Franz Marc, aveva ascoltato a Monaco (siamo nel gennaio del 1911) un
concerto di musiche di Schoenberg, pezzi per pianoforte, Lieder e due
quartetti. Il pubblico era adirato per le tonalità dissonanti, che non
riusciva a comprendere.
Tornato a casa, Kandinsky dipinse uno dei suoi
capolavori, Impressione III (Concerto), e scrisse una lettera a
Schoenberg nella quale sottolineava i punti di contatto tra la propria
indagine pittorica e quella musicale di Schoenberg: “... io trovo che
l'armonia e il ritmo contemporanei non si possano trovare percorrendo la
strada geometrica, ma al contrario direttamente in quella
antigeometrica, antilogica. Questa strada è la “dissonanza” nell'arte,
così nella pittura come nella musica”.
L'apporto di Schoenberg al
movimento “Der blaue Reiter” e a tutta la corrente dell'espressionismo
testimonia lo stretto legame tra le ricerche pittoriche e quelle
musicali. Se pensiamo poi a quanti compositori hanno tratto
ispirazione da opere d'arte visive potremmo stilare un elenco
lunghissimo.
Ne cito soltanto alcuni: Listz dedicò composizioni a
Traini, Raffaello, Michelangelo, Scheffer, Schwind von Moritz, Zichy e
Kaulbach; Debussy a Botticelli, Velasquez, Whistler e Watteau; Poulenc a
Gris, Braque, Chagall, Klee, Mirò, Picasso; Hindemith a Gruenewald;
Mahler a Schwind von Moritz e Callot; Berlioz a Cellini; Zandonai a
Segantini; Boccherini a Goya; Mussorgskij a Hartmann; Strawinsky a
Hogarth; Cage a Duchamp e all'espressionismo astratto.
I pittori e
gli scultori da sempre hanno tratto ispirazione iconografica da
strumenti musicali, suonatori, concerti etc., ma è soltanto dal
simbolismo e soprattutto dalle avanguardie storiche che il legame è
diventato più diretto e così via via Bach, Beethoven, Brahms, Chopin,
Debussy, Mahler, etc., sono entrati prepotentemente anche nella storia
delle arti visive attraverso le opere che furono loro dedicate.
Quella delle avanguardie fu la vera svolta, perché gli artisti non si
basavano più esclusivamente sull'iconografia, ma cercavano un lessico
comune tra musica e arti visive.
Gli “omaggi” a Bach vanno da
Braque, a
Macke, a Kupka, fino a Feininger,
Melotti, Kounellis; Klinger, Klimt e
gli artisti della Secessione intitolano a Beethoven decine di opere di
assoluta importanza; il cubismo si nutre di strumenti musicali, da
Braque, a Picasso, a Lipchitz, a Picabia; Ferruccio Busoni e la sua
musica divengono icone per i futuristi e per alcuni espressionisti;
perfino gli irriverenti dadaisti, da Duchamp a Man Ray a Schwitters
lasciano opere il cui tema dominante è l'assonanza con la musica; e così
gli astrattisti olandesi – Mondriaan per primo – i surrealisti,
Mirò,
Magritte, Max Ernst. E ancora l'informale, la Pop Art
e tutti i
movimenti degli ultimi decenni si pongono nei confronti della
composizione musicale in un rapporto di contiguità e di frequentazione
assidue. |
Il legame fra colore e musica
viene da lontano.
Non si deve dimenticare a questo proposito il
tentativo di coniugarli: questo è avvenuto, nel tempo, non solo a
livello teorico con tabelle di corrispondenze, ma anche pratico, con
strumenti che, magari a livello rudimentale, proiettavano colori durante
l'emissione dei suoni.
Un altro aspetto importante è anche quello della
partitura: Luigi Veronesi è stato uno degli esempi più riusciti di
"traduzione" del suono in colore e immagine.
Sue sono affascinanti
trasposizioni visive di brani di autori come Stockhausen, Bach e Satie.
Infine dobbiamo ricordare anche che molte partiture sono veri e propri
quadri, da appendere e guardare più che da suonare; altre, pur essendo
invece leggibili e eseguibili, sono allo stesso tempo affascinanti sotto
il punto di vista grafico: l'immagine conferisce ad esse un valore
aggiunto, una "suggestione", un'informazione in più che la notazione
tradizionale non riesce a dare all'esecutore.
Per me è un legame
importantissimo. Le mie musiche partono il più delle volte da
un'immagine: può essere un paesaggio come un mestolo.
Poi segue un
periodo di "incubazione" durante il quale non scrivo neppure una nota:
cammino, faccio altre cose, mentre nella mia testa queste immagini si
isolano dal contesto, si definiscono giorno dopo giorno e assumono uno o
due colori che talvolta non corrispondono a quelli che hanno nella
realtà. Spesso, in me, si impone l'azzurro, ma anche il rosso, per non
parlare del bianco e del nero.
Successivamente emerge, sempre senza
scrivere alcuna nota, un suono che li rappresenti. Non una melodia: un
suono, come fosse la loro "voce". E questo suono si origina sempre dal
loro "nuovo" colore. C'è, in tutto ciò, una scelta di tipo simbolico
volta alla ricerca di sonorità archetipiche, quasi primordiali.
L'elettronica è uno strumento molto utile in questo: si possono prendere
suoni dell'ambiente e renderli irriconoscibili, o se ne possono
addirittura creare di mai sentiti prima partendo da forme d'onda nuove.
|
Secondo lei, che ha DIRETTO ALCUNI MUSEI PUBBLICI e curato numerose mostre, che rapporto c'è tra arti visive e musica? |
Come ci si comporta per la
composizione di musiche per mostre? |
Un
rapporto molto intenso, che non è facile esprimere in sintesi: è un po'
come attraversare la storia della cultura dell'umanità. Tuttavia è molto
interessante notare come, proprio in occidente, sia la musica sia le
arti “figurative” abbiano avuto una eccentrica collocazione nell'ambito
delle arti liberali, fin dal medioevo.
La musica apparteneva al
“quadrivio”, ma solo in quanto scienza matematica; le arti figurative
non erano proprio menzionate, essendo considerate mestieri o arti
meccaniche e il loro riconoscimento si deve al rinascimento e al mutare
storico delle corporazioni dei mestieri. Ma il rapporto e
l'interesse reciproci di coloro che praticavano le due forme d'arte sono
sempre stati presenti e molto assidui. Uno degli esempi più lontani e
più interessanti è il quaderno di note cromatiche messo a punto tra il
1576 e il 1587 da Giuseppe Arcimboldi, nel quale il famoso pittore
riusciva a trasporre la musica attraverso un complesso sistema di
ombreggiature e di tonalità di colori. Fino ad arrivare al “cembalo
visivo” o al “Farbklavier” o alla tastiera colorata di Skrjabin e al suo
Prometeo, straripante di onde di luce.
Indipendentemente dagli
esempi concreti di approccio all'una e all'altra disciplina da parte di
musicisti o di artisti visivi, tanto è forte il legame tra le due arti
che il linguaggio stesso ce ne offre la testimonianza.
Per citare solo
alcuni esempi: tonalità, colore, armonia, cromatismo, ritmo, movimento,
composizione, struttura, timbro, dissonanza, consonanza sono soltanto
alcuni dei termini comuni che ricorrono nelle arti visive e nella
musica, sia pure con significati non sempre collimanti. Di fatto è la
stessa la struttura compositiva delle due forme d'arte che ha assonanze
e similitudini molto strette.
|
Quando
vengono chieste mie composizioni, ad esempio per mostre di fotografie,
cerco di capire prima di tutto non cosa vuole comunicare il fotografo,
ma cosa è che lo ha animato dentro nel generare i propri lavori, cosa lo
ha colpito nelle immagini che ha immortalato e perché le ha ritratte in
un modo anziché in un altro. A quel punto è come se ricreassi il
procedimento in me e da esso nascesse un suono originario.
Se non
facessi così partirei da un rapporto di sudditanza rispetto alla
fotografia e questo sarebbe altamente limitativo per me e deleterio per
il risultato. In generale penso che le musiche, in queste occasioni, non
debbano distrarre il visitatore: questi deve percepire immagine e musica
come un unicum.
E nella musica per installazioni?
Per le installazioni ci si comporta diversamente di volta
in volta. Per Lungo la scia di un'elica del 2010, installazione per la
quale ho scritto la colonna sonora, Alessandro Sesti aveva ricreato
diversi ambienti scenici per raccontare le varie fasi dell'esperienza
dei migranti italiani. In alcuni di questi la musica doveva
semplicemente calare lo spettatore in un'atmosfera mentre in altri
doveva investire il pubblico in modo più invadente e coinvolgente. In
un'altra installazione, Ground Zero, si è reso necessario calarsi nel
pathos della sacralità, quindi ho fatto ricorso anche a strumenti tipici
del contesto liturgico, come l'organo e il coro.
Nel caso delle
installazioni l'accompagnamento musicale ha un ruolo ancor più
fondamentale rispetto a quello delle mostre tradizionali:
l'installazione non è tale senza la musica e la stessa cosa vale per il
pubblico che ne è parte integrante e ne è al contempo attore e fruitore.
La composizione è la colonna sonora della vita dello spettatore durante
il tempo della visita cosicchè il pubblico, la musica e le altre
componenti sceniche dell'installazione, sono tutte parti integranti di
un unico evento miracoloso; concorrono e sono indispensabili affinchè
questa esperienza venga vissuta come intimamente ed intensamente
introspettiva: se manca una di queste componenti, l'evento non è più
tale. |
Scriveva Verlaine: “La musica sopra ogni
cosa” (Arte poetica). Lei cosa ne pensa di questa affermazione? Anche
oggi si può affermare questo? |
A dire il vero non sono favorevole alla disputa tra le arti! Semmai al loro sincretismo. E la frase di Verlaine è pure in questa direzione, infatti si riferisce al modo di scegliere il verso, al tipo di parole che il poeta dovrà usare, all'uso della rima, a tutti quegli accorgimenti, insomma, che rendono musicale ed espressivo un componimento poetico.
Verlaine fa anche riferimento al colore, per negarne l'importanza rispetto alla “sfumatura”. Qui il rapporto non è direttamente tra musica e poesia e neppure tra arti visive e poesia: è la proposta di sovvertire alcuni schemi tradizionali per abbracciare un nuovo modo di esprimere le emozioni attraverso la parola e il suo suono. |
Non credo. Penso che siamo anzi in un momento storico in cui, grazie alla multimedialità e ai nuovi mezzi di comunicazione, tutte le arti concorrano uniformemente a trasmettere messaggi in modo più completo e a un maggior numero di persone.
|
Parlando di opera lirica: quanto è importante l'arte visiva nel
melodramma? |
Basta pensare a Giuseppe Verdi
collezionista d'arte e a qualche brano delle sue lettere, per rendersi
conto delle affinità e dell'importanza che le arti figurative hanno
avuto nella stesura stessa delle sue composizioni. “Scrivo con facilità
una volta che ho trovato la tinta, il colore espressivo della musica, il
resto viene da sé”, così in una lettera a Giulio Ricordi del gennaio
1880, con parole traslate da quelle del linguaggio delle arti
figurative, che gli era molto familiare.
E potrei ancora citare Vincenzo
Bellini o altri compositori italiani che spesso si esprimono paragonando
la pagina musicale, o addirittura una frase, a un dipinto. La sintesi
ultima la si potrebbe vedere nell'opera totale di Wagner, ma è un
discorso ancora diverso: “ciò che non può estrinsecarsi nell'arte
drammatica è affidato alla musica; ciò che non può essere espresso dalla
musica sarà affidato all'esposizione drammatica” (R. Steiner, 1907).
Una importanza sempre maggiore sta assumendo la scenografia e non
mancano, anche nel passato recente, esempi di grandi pittori che si sono
dedicati a scene e costumi per il melodramma: Casorati, de Chirico,
Savinio, Guttuso, Cagli, Fioroni, solo per citarne alcuni. Anche
volendosi attenenere soltanto all'etimologia del termine penso che il
melodramma senza il ricorso alle arti visive perderebbe gran parte della
propria specificità. |
Direi che è fondamentale. Anche
per l'arte visiva purtroppo i nuovi mezzi della tecnologia a mio avviso
non sono ancora utilizzati e sfruttati come dovrebbero e potrebbero.
Troppo spesso vengono introdotti come novità, come peculiarità della
messa in scena e non vengono percepiti come componenti naturali ed
effettivi dell' opera: si perde così il senso di armonia e di coesione
con gli altri elementi scenici e la fruizione osmotica ed integrale
dell'opera ne risulta limitata ed indebolita.
E quanto è importante nei concerti? Per molte
delle mie composizioni, siano esse elettroniche, siano per strumenti
tradizionali, ho realizzato video per lo più visionari, psichedelici.
Per quel che riguarda i miei lavori credo infatti che l'immagine non
definita, non didascalica, possa aiutare il pubblico a entrare in una
dimensione onirica, simbolica in cui il più delle volte mi addentro. Non
che la musica da sola non ne sia capace, ma in questo modo il concerto
assume una valenza di Evento di tipo diverso, diventa un' esperienza
sensoriale più profonda e assoluta. |
Giovanna Bonasegale, quanto
è importante nella valorizzazione delle arti visive un sottofondo
musicale adeguato? |
Questa è una bella domanda!!! Le
rispondo che se dovessi guardare Beato Angelico ascoltando la musica per
pianoforte che Zdenèk Fibich scrisse per lui oppure
Giotto ascoltando i
Tre studi per orchestra da camera che gli furono dedicati da
Romuald
Twardowsky o altre chicche del genere scritte per Giorgione o per
Raffaello, piuttosto che per Michelangelo o
Correggio, mi sentirei male!
Ma questo è un mio limite nei confronti dell'arte medioevale e moderna:
non posso guardare e ascoltare nello stesso momento. Diverso è il caso
dell'arte contemporanea, che per sua natura condivide la nostra
quotidianità e che, come abbiamo detto, è strettamente connessa alla
musica. Ma non parlerei di “sottofondo”, direi semmai un accompagnamento
che sappia appunto far dialogare i due momenti percettivi, quello visivo
e quello auditivo. Il cinema, per esempio, – quando è arte – necessita
di una colonna sonora di un certo rilievo in modo che immagini e musica
si possano integrare. |
In base alla sua esperienza, signora Bonasegale, se ci sono, quali
sono gli equilibri che devono essere rispettati nel rapporto
arte-musica? |
Non so se esistano degli
“equilibri” oggettivi, sta di fatto che come abbiamo visto la
collaborazione tra artisti e musicisti ha segnato molti momenti
significativi per la nostra cultura. Da storica dell'arte posso
risponderle con una metafora tratta proprio da una lettera di Kandinsky
a Schoenberg: “La dissonanza pittorica e musicale di oggi, altro non è
che la consonanza di domani”. |
Vive e lavora a Roma.
Laureata e successivamente specializzata in storia dell'arte, negli anni Ottanta ha diretto la Pinacoteca Civica di Jesi e subito dopo quella di Ancona.
E' stata direttrice della Galleria Comunale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma, del Centro Ricerca e Documentazione Arti Visive, nonché di alcune collane editoriali, sulla città di Roma e sull'arte moderna e contemporanea.
Ha collaborato a mostre e cataloghi della Galleria Nazionale d'arte Moderna (Arte e critica, Magritte e il surrealismo in Belgio, Roma 1911, I Nazareni, etc.).
Ha ideato, curato e realizzato numerosissime esposizioni in Italia e all'estero, in collaborazione con prestigiosi musei e con istituti di cultura internazionali. Molti suoi scritti di storia dell'arte sono stati pubblicati in autorevoli riviste nazionali e internazionali e suoi saggi figurano in diversi volumi.
E' stata docente in diverse Università italiane.
Negli anni che ha trascorso nelle Marche ha avuto modo di approfondire lo studio dei grandi artisti attivi nel territorio marchigiano, presentando al pubblico una serie di mostre monografiche e non, da Carlo Crivelli a Sebastiano del Piombo, da Andrea Lilli a Tiziano.
Ha diretto importanti restauri e ha svolto una continua attività didattica sia per le scuole sia per il pubblico adulto.
Tra le sue più importanti pubblicazioni (oltre 150) figurano i
Cataloghi Generali della collezione della Galleria Comunale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma (3. voll.), alcuni saggi su Umberto Boccioni e il primo futurismo, sull'aeropittura, (l'ultimo in ordine di tempo pubblicato in una raccolta curata dalla Quadriennale di Roma, ed. Electa, 2009), nonché scritti sulle arti figurative in Italia tra Ottocento e Novecento e durante il periodo fascista.
Si è occupata di arte contemporanea, curando mostre, convegni e cataloghi sia di artisti noti al grande pubblico (Burri, Turcato, Uncini, Capogrossi, Fontana, Mattiacci, Fioroni, Perilli, Dorazio, Accardi, Scarpitta, Asdrubali, Verna, Cotani, Strazza, Valentini, etc.) sia di giovani o esordienti italiani e stranieri, che ha presentato in spazi pubblici e gallerie private.
Come direttore della Galleria Comunale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma, ha curato molte mostre, con i relativi cataloghi.
Si ricordano, tra le altre, Duilio Cambellotti, Sam Francis, Forma1 e i suoi anni, Marco Delogu, Giacomelli, Ragazzini etc. nonché un ciclo di dieci mostre e relativi cataloghi, Lavori in corso, in cui sono state presentate opere e attività dei più importanti artisti (oltre 170) di generazioni diverse, attivi a Roma dagli anni Cinquanta agli anni Novanta.
Il Cancello Bianco è il suo primo romanzo.
Da fine 2008 le sue composizioni si sono imposte in concorsi internazionali e sono state eseguite in Festival e contesti di prestigio in Italia e all'estero come alla Carnegie Hall di New York, al Centre de Cultura Contemporània de Barcelona, a Berlino, Kiel, Città del Messico, Uruguay, Argentina, California, Istituti Italiani di Cultura di Amsterdam, Copenaghen, Amburgo, Londra.
Gli è stata commissionata la composizione di musiche da parte di esecutori, ensamble, o per video e eventi: fra queste, nel 2011, la composizione della colonna sonora per la mostra "Lungo la scia di un'elica" (musiche poi raccolte in cd) e per l'installazione "Ground Zero 2001-2011".
Utilizzando sia l'elettronica che gli strumenti tradizionali, Caselli affianca una produzione più minimalista a un filone molto più legato alle sperimentazioni di stile anni '70.
Collabora da anni con il Centro studi Giacomo Puccini di Lucca, mentre con Massimo Signorini ha costituito il Duo Symbiosis per fisarmonica e elettronica.
|