Il Teatro Carlo Felice di Genova, dopo aver passato momenti davvero difficili, torna ad essere un vero e proprio punto di riferimento per l'opera italiana, mettendo in scena il classico e già più volte applaudito allestimento di Turandot firmato da Giuliano Montaldo, con scene di Luciano Ricceri, costumi di Elisabetta Montaldo Bocciardo, luci di Luciano Novelli e coreografie di Giovanni Di Cicco.
Lo spettacolo non ha bisogno di presentazioni, né di critiche, ma è doveroso sottolineare che funziona ancora benissimo, in maniera efficacissima.
Questo appuntamento avrebbe dovuto essere il fiore all'occhiello del Teatro e della Regione, con la partecipazione di artisti di fama internazionale e dalle origini liguri, tra cui Montaldo, ma il forfait di alcuni di loro non ha permesso di portare il progetto fino in fondo.
Sul podio è il genovese Marco Zimbelli, che forse non è abilissimo nello sviluppo dei colori pucciniani più raffinati, prediligendo le parti più intense e passionali, ma sa rendere l'orchestrazione in maniera coinvolgente.
Giovanna Casella, che quest'anno festeggia 35 anni di carriera, è ancora una Principessa Turandot di riferimento, sia per la voce che per l'interpretazione, dotata di una tecnica importante che le permette di affrontare il personaggio mantenendo sempre intatta un'ottima linea di canto, omogenea anche nei frequenti passaggi dalle frasi in forte e mezzo forte, alle frasi in piano e pianissimo. Gli acuti sono puliti e solidissimi. Forse i centri e i gravi non sono più così corposi come un tempo, ma passano in secondo piano.
Antonello Palombi accetta di interpretare il ruolo di Calaf anche nelle prime recite, pur essendo impegnato in altre produzioni e lo fa col giusto vigore. Volendo cercare il pelo nell'uovo, i suoi acuti non sono sempre squillanti, ma accade che siano indietro o ingolati e ciò potrebbe avvenire per eccessiva stanchezza. Ciononostante la resa è più che apprezzabile e meritati sono gli scroscianti applausi.
Mariella Devia, ligure di nascita, debutta il ruolo di Liù dopo tanti anni di impegno nel belcanto, ma ciò non deve sorprendere, partendo dal presupposto che il canto è lo stesso e che la tecnica è una sola. La Signora Devia, come di consuetudine, porta sul palcoscenico la perfezione fatta persona, soprattutto nell'uso del legato. La lunga scena ed aria di terzo atto è elegante ed emozionante, sia nella voce che nella resa del personaggio, che questa volta risulta essere intenso e non distaccato come in altre occasioni.
Purtroppo non si può dire lo stesso di primo atto. Nonostante il canto sia puntuale e compiuto, manca di spessore. In effetti Signore ascolta e il successivo terzetto sono molto centrali e l'orchestrazione sottostante è decisamente importante.
Alessandro Guerzoni è un Timur che passa molto inosservato.
Giovanni Gagliardo è un Ping molto efficace, sia nell'interpretazione vocale che scenica.
Leonardo Alaimo è un Pong dalla bella voce elegante, forse leggermente piccola nei pezzi d'assieme più corposi. Meno adeguato è il Pang di Federico Lepre.
Molto appropriati l'Imperatore Altoum di Massimo La Guardia e il Mandarino di Fabrizio Beggi.
Buona la prova del Coro guidato da Marco Balderi.
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