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Recensione dell'opera I due Foscari al Teatro Massimo di Palermo

Gigi Scalici, 11/12/2012

In breve:
Ovazioni per il trionfatore della serata Leo Nucci e per il Maestro Stefano Ranzani, raffinato interprete di queste pagine verdiane


Il celeberrimo baritono bolognese torna ancora con grande successo sulle scene del Massimo, dopo l'eccellente Rigoletto di tre anni or sono, con “ I due Foscari ” rappresentati per la prima volta in questo teatro lirico ed esalta l'interpretazione  di un personaggio non proprio popolare, in un'opera tra le più raffinate del primo Verdi anche se cromaticamente un po' monotona, ma che contiene in “pectore” quelle successive dell'età matura del compositore. Quella di Leo Nucci è a tutti gli effetti una lezione d'interpretazione, forte dell'esperienza  maturata in tutti gli altri personaggi baritonali verdiani, certamente più completi e più complessi di Francesco Foscari. Il timbro è sempre pieno, il volume imponente, l'estensione dal diaframma inossidabile sicura sino al registro più acuto, il fraseggio è ricco di sfumature, il colore della voce e l'intensità si adattano con naturalezza ad ogni stato d'animo, i gesti sono sicuri, dall'affettuosità del  padre dolente alla veemenza del doge, coadiuvato da un'accurata mimica facciale e dotato di un carisma artistico efficace sia nei confronti dei colleghi, sia in quello degli spettatori.  Sin dalla prima e toccante romanza “O vecchio cor ” attrae l'attento pubblico, nei duetti, nei terzetti, nei concertati e sino alla fine ormai sconfitto, ma dignitoso sia come padre che ha perduto tutti i figli, sia come Doge in “Questa è dunque l'iniqua mercede “  del terzo atto, bissata su richiesta a furor di popolo. Ed anche i più irriducibili vociomani gli perdonano qualche lieve crepa, conseguenza dell' intensa e gloriosa lunga carriera.

Due giovani solisti condividono lo strazio dell'ottuagenario Doge: Piero Pretti - il figlio Jacopo e Lucrecia Garcia –Lucrezia Contarini, moglie di Jacopo. 

Piero Pretti, nuorese con vari anni di esperienza nel coro del Lirico di Cagliari, competente interprete dei maggiori ruoli verdiani, è un tenore lirico dalla vocalità chiara e sicura , non propriamente spinta come sarebbe richiesto, ma affronta con sicurezza il personaggio di Jacopo Foscari, con valida impostazione vocale, con corretto stile di canto ed una buona estensione nel registro acuto delle arcate melodiche della tessitura verdiana e soprattutto nella scena visionaria della prigione. Raffinato il suo melodico andante “Dal più remoto esilio “ insieme al clarinetto, al fagotto ed agli archi del primo atto e molto credibile nel secondo in “ Non maledirmi o prode “ e nel duetto col Doge “ Padre ti sono ancor “.

Lucrecia Garcia, soprano venezuelano anche in carriera, sarebbe un'eccellente interprete, tecnicamente perfetta, se non spingesse troppo negli acuti rendendoli sfibrati e carenti di colore. E' naturalmente dotata di una possente voce di soprano drammatico e di notevole estensione sicura e piena, regge con sicurezza nei salti d'ottava, è modesta però nelle agilità che la parte richiederebbe e la sua “Lucrezia Contarini  “ drammaticamente è un po' monotona, non molto espressiva. Anche lei molto credibile nella cavatina “Tu al cui sguardo onnipossente “ e nel duetto con il Doge del primo atto “Tu pur lo sai che giudice ”.

Decorosi, nel ruolo di Jacopo Loredano membro accusatore del Consiglio dei Dieci, Luiz-Ottavio Faria esperto imponente basso nei ruoli verdiani ed il collega Giovanni Lo Re - Servo del Doge. 

Opera musicalmente raffinata nella struttura come si diceva in premessa, ben concertata e diretta dal beniamino esperto Direttore Stefano Ranzani che riesce ad ottenere dalla completa compagine orchestrale una mirabile esecuzione, evidenziando al massimo i pochi colori e le dinamiche sin dal breve preludio in do minore, con un perfetto controllo dello stacco dei tempi e della sonorità degli archi e dei fiati (particolarmente raffinato e malinconico il clarinetto solista). Un completo equilibrio sonoro tra gli strumenti e le voci, sia nei momenti lirici, sia in quelli drammatici, anche negli intensi finali di grande effetto suggestivo, come al termine del primo atto nel duetto tra il Doge e Lucrezia, nel concertato del secondo senza stretta e nel monologo finale di Francesco insieme al coro. 

Nel Coro ben preparato e diretto dal Maestro Andrea Faidutti in tutte le sezioni, la partitura esprime maggiormente le possenti ed affiatate voci maschili dei Consiglieri  e della Giunta e della raffinata Barcarola all'inizio del terzo atto.

L'architettura scenografica di William Orlandi insieme ai costumi, con la regia  di Joseph Franconi Lee è tradizionale ed essenziale, in cui spiccano particolarmente i costumi rossi dei consiglieri ed il dorato abito del Doge, in un'atmosfera prevalentemente cupa e triste come il dramma richiede. L'inizio del terzo atto si ravviva invece con i colori e le luci del festoso carnevale di Venezia.

Un magico pomeriggio, con il pubblico entusiasta per tutto il corso della rappresentazione che conclude quest'ottima edizione, con copiosi consensi a scena aperta e con numerose e fragorose chiamate al termine, per tutti ed in particolare per Leo Nucci, Stefano Ranzani ed Andrea Faidutti.

 

 
 
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