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Recensione dell'opera Don Giovanni di W.A. Mozart dal Teatro Regio di Torino

William Fratti, 19/05/2013

In breve:
Il grande ritorno di Carlos Alvarez al Teatro Regio di Torino. Il baritono spagnolo non delude


È davvero curioso notare come i teatri italiani si rincorrano nella produzione dei titoli lirici. È ovvio che il medesimo lavoro debba essere proposto su diversi palcoscenici in caso di coproduzione. Ma è patologico che nel nostro Paese accada spesso che si producano diversi allestimenti, in diversi teatri, della stessa opera, nella stessa stagione o in stagioni contigue. Soprattutto considerando che i melodrammi tra cui scegliere sono ben oltre mille, di cui almeno un centinaio tra i più popolari.
 
Negli ultimi mesi Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart è stato rappresentato numerose volte in molte città, quasi come se si stesse facendo a gara. Al Teatro Regio di Torino è stato riproposto nello spettacolo di Michele Placido ripreso da Vittorio Borrelli, con scene e costumi di Maurizio Balò, luci di Andrea Anfossi e coreografie di Tiziana Tosco. L'aria di decadenza continua a non mancare, come pure le numerose incongruità in merito all'epoca in cui si vuole ambientare la vicenda ed in generale la poca eleganza. È tutto ancora funzionale, ma persiste nel non entusiasmare.
 
Sul fronte musicale Christopher Hogwood piace soprattutto per la capacità di rendere le tinte drammatiche. Le scene in cui compare il Commendatore sono particolarmente intense, pur riuscendo a mantenere inalterata la raffinatezza della musica del salisburghese. Eccellente il terzetto iniziale.
 
Carlos Alvarez è purtroppo poco presente sui palcoscenici italiani e il suo ritorno a Torino, con uno dei suoi cavalli di battaglia, è molto atteso. Il baritono spagnolo non tradisce le aspettative e si mostra immediatamente musicalissimo, non solo nelle arie e nei momenti più cantabili, ma anche nei recitativi. Lo squillo della sua voce, la sua capacità di legare e la bellezza del suo fraseggio fanno il resto. Esemplare nella temibile “Fin ch'han dal vino”.
 
Carlo Lepore è un ottimo Leporello, ricco di sfumature, soprattutto nella celebre aria del catalogo. La sua interpretazione emerge sotto ogni punto di vista, dalla qualità del suono alle conoscenze della tecnica vocale, fino alle caratteristiche più intrinseche nella resa del personaggio.
 
Carmela Remigio è una delle artiste italiane più esperte nel repertorio mozartiano, ma in questa occasione si butta nel ruolo di Donna Elvira in maniera troppo dura e compromette tutte le finezze di cui è intrisa la sua parte. In secondo atto sembra accorgersi dell'eccessivo impeto con cui esegue gli attacchi e con cui marca smisuratamente gli accenti e si ammorbidisce leggermente, ma non a sufficienza. “Mi tradì quell'alma ingrata” è eseguita più elegantemente, ma in generale, in questa serata, non riesce mantenere il suo solito livello qualitativo.
 
Eva Mei è perfettamente a suo agio in questo tipo di repertorio e il ruolo di Donna Anna le calza a pennello, sia vocalmente che scenicamente. Dopo un'introduzione davvero efficace, “Or sai che l'onore” è ricca di colori e sfumature e ancor meglio è “Non mi dir”, dove la Mei eccelle negli eleganti pianissimi e nell'uso degli accenti.
 
Tomislav Muzek nei panni di Don Ottavio non è propriamente in serata. In tutto il primo atto appare poco intonato, stirato negli acuti e mal poggiato sul gravi. Migliora in secondo atto, ma solo nel canto più spianato e nelle note più centrali; per il resto continua nella mediocrità.
 
Rocio Ignacio è una Zerlina particolarmente morbida ed omogenea nella linea di canto – ottima è la resa di “Batti, batti, o bel Masetto” – in possesso di una vocalità tipica da soprano lirico leggero, ma piena e ben timbrata.
 
Il Masetto di Federico Longhi non è molto efficace, mentre il Commendatore di José Antonio Garcia andrebbe riascoltato sul palcoscenico, mentre in questa occasione canta dalla buca, rivolto verso la scena.
 

Buona la prova del Coro del Teatro Regio diretto da Claudio Fenoglio e di Carlo Caputo al fortepiano. 

 
 
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