In breve: Tenore statunitense, tra i migliori al mondo esperto del repertorio rossiniano, Rockwell Blake da alcuni anni ha lasciato le scene per dedicarsi all'insegnamento del canto lirico.
In attesa di rivederlo in Italia dal 16 settembre p.v. a Torino presso l'Accademia della Voce del Piemonte, vi facciamo leggere ed ascoltare questa intervista in cui racconta qualche aneddoto interessante della sua splendida carriera.
Tenore statunitense, tra i migliori al mondo esperto del repertorio
rossiniano, Rockwell Blake da alcuni anni ha lasciato le scene per dedicarsi
all'insegnamento del canto lirico. In Italia in questi giorni ci ha
rilasciato un'intervista molto interessante, con la semplicità e la cordialità
da vero gentleman, che lo contraddistingue da sempre. In attesa di rivederlo
in Italia dal 16 settembre p.v. a Torino presso l'Accademia della Voce del Piemonte, ci ha
raccontato qualche aneddoto interessante della sua splendida carriera. Â Gentilissimo Mr Blake, a nome di tutto il team di Liricamente, la ringrazio
per il tempo e l'intervista che ci sta dedicando. 1) Quali sono stati i suoi studi e com'è stato il suo inizio di carriera? Ho
iniziato a studiare quando avevo 16 anni. Ero nel coro della scuola e venne
un'insegnante italiana per sostituire il maestro di coro. Mi ha ascoltato e
mi ha detto che dovevo prendere lezioni di canto. Ho risposto: "Ma non
posso permettermelo" e lei ha risposto: "Fammi parlare con il tuo papà".
Ha parlato con mio padre e ho preso lezioni di canto con lei per quattro anni
senza pagare le lezioni. Quindi ho studiato con lei gli ultimi anni di
superiori e i primi di università.
Quando poi ho dovuto "arrangiarmi" ho fatto il militare, ma ho continuato a
studiare con lei per sette, otto anni. Ho debuttato la mia prima opera a
Washington ne "L'italiana in Algeri". Sono venuto a
perfezionarmi anche a Roma con il maestro Luigi Ricci per cercare di conoscere
la "tradizione". Ho sempre cercato di approfondire come interpretare la
musica italiana.
2) Quali sono le difficoltà tecniche che ha riscontrato? Gli acuti sono un dono di natura e io mi sono sempre "beato" di
questi. La mia voce è sempre stata molto acuta. Quando ero giovane, prima della muta della voce, ho cantato da
sopranista e questo ha potenziato la mia estensione. Ero una voce bianca nel
coro che però faceva anche parti da solista. Poi quando ho incontrato la mia
insegnante di canto ero già tenore, ma con una voce molto acuta. Il mio
problema in realtà è stato il contrario: ricostruire le note gravi. Anche
studiando romanze acute, io le trasportavo sempre in acuto, prima di riuscire a
cantarle nella tonalità originale. Ricordo una masterclass in cui mi
presentai con l'aria "Ah mes amis" de "La fille du régiment" di Donizetti (l'aria
dei 9 do Ndr): ebbene, chiesi di trasportarla su di uno tono e tutti si
misero a ridere perché la cantati tutta in Re, non in Do. Però creda, avere
una voce acuta non è sempre stato un bene, perché non è stato facile ricostruire
il resto.
3) Quali sono le basi della sua tecnica di canto?
La mia tecnica si basa sulla stabilità delle vocali italiane. Tutte le
vocali devono essere messe correttamente in tutti i registri. Non ci devono
essere delle vocali falsate, tutte le vocali devono essere giuste in posizioni
stabili con vibrato corretto. Prima di cantare Verdi bisognerebbe studiare
bene per avere questa stabilità, unita alla flessibilità che serve per fare le
agilità di Rossini. Tutti i suoni devono essere stabili e poi bisogna
allenarsi molto per fare le agilità veloci di Rossini e averne anche il
controllo.
4) Quante ore studiava quando faceva il cantante di professione?
Ora non canto più, ma sia quando studiavo sia quando cantavo facevo sempre tre o
quattro ore di studio al giorno. In realtà non era solo uno studio di tecnica
o di spartito, ma prima di approcciarmi ad un nuovo spartito lo leggevo e lo
studiavo mentalmente cercando di vedere già dalla musica le difficoltà che avrei
riscontrato e avrei dovuto superare nell'esecuzione. Naturalmente certi
passaggi difficili venivano ripetuti poi diverse volte per allenarmi a
risolverli correttamente. Ci sono dei fraseggi che sono davvero preoccupanti.
5) Secondo lei quanto tempo ci vuole per apprendere una buona
tecnica di canto? All'epoca Garcia, che io considero il più
grande insegnante di canto mai esistito, diceva 3 o 4 anni. Per me è stato così.
Io poi provenivo da un paese contadino in cui la musica lirica non era
conosciuta. Ho dovuto quindi studiare molto per conoscere bene la
tradizione.
6) C'è un ruolo che ama particolarmente, un personaggio,
un'opera, un autore? Rossini. Il primo spartito che mi ha fatto
studiare la mia insegnante è stato "Il barbiere di Siviglia".
Appena l'ho visto mi sono subito spaventato perché pesavo: "Ma come
posso cantare tutte queste note? Non riesco nemmeno a leggerle. E' troppo
difficile". Allora non ero ancora nemmeno musicista, avevo una
cultura musicale limitata. Sono entrato anche a far parte della banda della
scuola suonando il clarinetto per studiare meglio il solfeggio. La mia
maestra, invece, è stata convincente e mi ha fatto studiare. Mi ha capito fin da
subito e aveva ben in mente che tipo di carriera avrei potuto fare. Un giorno
poi mi cacciò da casa sua e mi disse "Io ti ho insegnato tutto quello che
so, ora devi andare con le tue gambe. Devi capire ciò che ti ho insegnato e
migliorarlo da solo." E' stata una bella sfida, ma è stato molto utile,
perché da lì ho iniziato a capire meglio la mia tecnica.
7) Ora è lei dalla parte della sua insegnante, perché già da
qualche anno insegna canto. Il prossimo 16 settembre sarà in Italia
all'Accademia della Voce del Piemonte per una masterclass di perfezionamento per
cantanti lirici. E' vero che le voci dei giovani d'oggi non sono più quelle di
una volta? Quali sono i consigli che elargisce maggiormente? Io
sono convinto che le voci esistono ancora, perché l'umanità non è cambiata.
Il problema è che oggi c'è una grande confusione. Quando insegno mi ritrovo
sempre a dover spiegare cos'è il falsetto, cosa sono le note di petto e come
sono da utilizzare. Quando parlo di queste cose vedo facce strane, come se
non si sapesse di cosa io stia parlando. Quando io spiego bene, i ragazzi,
meravigliati, capiscono e migliorano subito. Tutti pensano che la voce sia
una cosa naturale e che cantare opere sia facile, invece no. L'insegnamento
dev'essere preciso, altrimenti l'opera diventa musica popolare, ma invece il
modo di cantare è molto diverso. Oggi poi c'è anche una moda di avere suoni
piuttosto scuri che annullano l'utilizzo delle note di petto e il falsetto.
Anche se un cantante canta con una voce scurita con meno brillantezza, deve
sapere se canta di petto o in falsetto, bisogna conoscere il funzionamento della
laringe, perché è la base del canto. Si perde poi anche il colore della voce.
Il consiglio che dò soprattutto agli uomini è di cantare di petto e non col
falsetto, invece fanno un misto. L'altro consiglio è di usare
tutte le vocali della lingua italiana, perché non si devono camuffare! La vocale A deve
essere A non una una OE. Questa trasformazione delle vocali impedisce il
flusso del suono e impedisce al cantante di fare una bella figura. Non si
capisce poi nemmeno quel che canta. Ogni tanto si trova anche qualcuno
che non respira giusto. Il fiato è il supporto del canto ed è ciò che fa
"sudare" i cantanti, perché bisogna utilizzare i muscoli per controllare il
diaframma. Cantare è un lavoro difficile, perché è uno sforzo fisico.
8) Nella sua carriera a cantato a fianco di grandi personaggi del
panorama lirico. Ha qualche ricordo? Ho cantato a fianco di
colleghi importanti. Ricordo benissimo che tornando da Roma, dopo gli studi di
sei settimane con Ricci, non riuscivo a far bene la parlata sillabata nel duetto
con Mustafà dell'Italiana in Algeri. Il direttore
dell'opera di Washington mi ha mandato a New York a cercare Renato
Capecchi (baritono - Ndr) e lui mi ha insegnato, senza nessun
pagamento, come fare il sillabato. Ho poi lavorato con lui e ho sempre "rubato"
i suoi segreti, perché era molto bravo anche in scena. Ho fatto tanti
furti d'arte anche a Sesto Bruscantini, Paolo Montarsolo, Claudio
Desderi, quando abbiamo lavorato insieme e devo proprio dire che abbiamo passato bellissimi
momenti a "giocare" in scena.
9) Quanto è difficile la professione del cantante lirico?
E' molto impegnativa, perché non c'è molto tempo per divertirsi. Bisogna sempre
studiare per capire come soddisfare al meglio il pubblico. Io ho dedicato
tutta la mia vita a questo e a tutto ciò che ruota intorno a quest'arte. Io, per
esempio, so anche truccarmi da solo.... però non faccio costumi!
Beh, ma almeno un bottoncino se lo saprà attaccare. ;-)
10) Secondo me, Rockwell Blake si è anche divertito molto in
palcoscenico, o sbaglio? No, no, non sbagli... Girando il mondo
si fa amicizia con tantissime persone e in palcoscenico si incontrano colleghi che fanno
anche molti scherzi. Ricordo bene che feci un Barbiere di Siviglia
a Vienna. Nell'aria in cui Bartolo finge di cantare da sopranista con
Rosina, Bartolo mi cambiò le parole e io, stupito, mi ritrovai
a dover rispondere velocemente inventando le parole... Da allora, quando
studiavo spartiti nuovi, mi preparavo anche agli eventuali cambi di parole dei
colleghi.
11) Qual è un suo difetto? Sono molto goloso e
mi piace molto la pasta italiana Beh, ma questo non è un difetto,
perché allora noi italiani saremmo tutti difettati!!! Io mangio
troppo, percui i costumisti si lamentavano della mia perdita di linea. Mah... non mi convince troppo, perché lei ha una bella linea!!! Però guardi che i costumisti ci tenevano molto che i costumi
fossero perfetti, quindi se mi ritrovavano diverso si lamentavano. L'altro
difetto è che sono tenore, quindi sono pigro.
12) Qual è un suo pregio? Io gioisco per il
successo degli altri. Non sono invidioso. Lo spettacolo che ricordo sempre di
più è un'opera a Losanna in Svizzera di Rossini: "L'occasione
fa il ladro" con il maestro Bruno Campanella. I
cantanti, giovanissimi, molto più giovani di me, sono stati bravissimi ed hanno
avuto ovazioni incredibili. Io ero felicissimo, perché tutti quanti abbiamo
fatto una produzione bellissima. Lo ricordo bene perché non è stato un
successo solo mio, ma un successo di tutti ed è il "gioiello" della mia memoria.
Io la ringrazio moltissimo per questa bella chiacchierata.
Anche per me è stata una bella chiacchierata e spero di incontrare
qualcuno dei vostri ascoltatori cantanti alla masterclass che terrò il 16
settembre a Torino!
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