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Intervista al tenore Rockwell Blake

Gloria Bellini, 12/06/2013

In breve:
Tenore statunitense, tra i migliori al mondo esperto del repertorio rossiniano, Rockwell Blake da alcuni anni ha lasciato le scene per dedicarsi all'insegnamento del canto lirico. In attesa di rivederlo in Italia dal 16 settembre p.v. a Torino presso l'Accademia della Voce del Piemonte, vi facciamo leggere ed ascoltare questa intervista in cui racconta qualche aneddoto interessante della sua splendida carriera.


Tenore statunitense, tra i migliori al mondo esperto del repertorio rossiniano, Rockwell Blake da alcuni anni ha lasciato le scene per dedicarsi all'insegnamento del canto lirico.
In Italia in questi giorni ci ha rilasciato un'intervista molto interessante, con la semplicità e la cordialità da vero gentleman, che lo contraddistingue da sempre.
In attesa di rivederlo in Italia dal 16 settembre p.v. a Torino presso l'Accademia della Voce del Piemonte, ci ha raccontato qualche aneddoto interessante della sua splendida carriera.
 
Gentilissimo Mr Blake, a nome di tutto il team di Liricamente, la ringrazio per il tempo e l'intervista che ci sta dedicando.
1) Quali sono stati i suoi studi e com'è stato il suo inizio di carriera?
Ho iniziato a studiare quando avevo 16 anni. Ero nel coro della scuola e venne un'insegnante italiana per sostituire il maestro di coro.
Mi ha ascoltato e mi ha detto che dovevo prendere lezioni di canto.
Ho risposto: "Ma non posso permettermelo" e lei ha risposto: "Fammi parlare con il tuo papà". Ha parlato con mio padre e ho preso lezioni di canto con lei per quattro anni senza  pagare le lezioni.
Quindi ho studiato con lei gli ultimi anni di superiori e i primi di università.

Quando poi ho dovuto "arrangiarmi" ho fatto il militare, ma ho continuato a studiare con lei per sette, otto anni.
Ho debuttato la mia prima opera a Washington ne "L'italiana in Algeri".
Sono venuto a perfezionarmi anche a Roma con il maestro Luigi Ricci per cercare di conoscere la "tradizione".
Ho sempre cercato di approfondire come interpretare la musica italiana.

2) Quali sono le difficoltà tecniche che ha riscontrato?
Gli acuti sono un dono di natura e io mi sono sempre "beato" di questi. La mia voce è sempre stata molto acuta.
Quando ero giovane, prima della muta della voce, ho cantato da sopranista e questo ha potenziato la mia estensione.
Ero una voce bianca nel coro che però faceva anche parti da solista.
Poi quando ho incontrato la mia insegnante di canto ero già tenore, ma con una voce molto acuta.
Il mio problema in realtà è stato il contrario: ricostruire le note gravi. Anche studiando romanze acute, io le trasportavo sempre in acuto, prima di riuscire a cantarle nella tonalità originale.
Ricordo una masterclass in cui mi presentai con l'aria "Ah mes amis" de "La fille du régiment" di Donizetti (l'aria dei 9 do Ndr): ebbene, chiesi di trasportarla su di uno tono e tutti si misero a ridere perché la cantati tutta in Re, non in Do.
Però creda, avere una voce acuta non è sempre stato un bene, perché non è stato facile ricostruire il resto.

3) Quali sono le basi della sua tecnica di canto?
La mia tecnica si basa sulla stabilità delle vocali italiane.
Tutte le vocali devono essere messe correttamente in tutti i registri. Non ci devono essere delle vocali falsate, tutte le vocali devono essere giuste in posizioni stabili con vibrato corretto.
Prima di cantare Verdi bisognerebbe studiare bene per avere questa stabilità, unita alla flessibilità che serve per fare le agilità di Rossini.
Tutti i suoni devono essere stabili e poi bisogna allenarsi molto per fare le agilità veloci di Rossini e averne anche il controllo.

4) Quante ore studiava quando faceva il cantante di professione?
Ora non canto più, ma sia quando studiavo sia quando cantavo facevo sempre tre o quattro ore di studio al giorno.
In realtà non era solo uno studio di tecnica o di spartito, ma prima di approcciarmi ad un nuovo spartito lo leggevo e lo studiavo mentalmente cercando di vedere già dalla musica le difficoltà che avrei riscontrato e avrei dovuto superare nell'esecuzione.
Naturalmente certi passaggi difficili venivano ripetuti poi diverse volte per allenarmi a risolverli correttamente.
Ci sono dei fraseggi che sono davvero preoccupanti.

5) Secondo lei quanto tempo ci vuole per apprendere una buona tecnica di canto?
All'epoca Garcia, che io considero il più grande insegnante di canto mai esistito, diceva 3 o 4 anni. Per me è stato così.
Io poi provenivo da un paese contadino in cui la musica lirica non era conosciuta.
Ho dovuto quindi studiare molto per conoscere bene la tradizione.

6) C'è un ruolo che ama particolarmente, un personaggio, un'opera, un autore?
Rossini. Il primo spartito che mi ha fatto studiare la mia insegnante è stato "Il barbiere di Siviglia".
Appena l'ho visto mi sono subito spaventato perché pesavo: "Ma come posso cantare tutte queste note? Non riesco nemmeno a leggerle. E' troppo difficile".
Allora non ero ancora nemmeno musicista, avevo una cultura musicale limitata.
Sono entrato anche a far parte della banda della scuola suonando il clarinetto per studiare meglio il solfeggio.
La mia maestra, invece, è stata convincente e mi ha fatto studiare. Mi ha capito fin da subito e aveva ben in mente che tipo di carriera avrei potuto fare.
Un giorno poi mi cacciò da casa sua e mi disse "Io ti ho insegnato tutto quello che so, ora devi andare con le tue gambe. Devi capire ciò che ti ho insegnato e migliorarlo da solo."
E' stata una bella sfida, ma è stato molto utile, perché da lì ho iniziato a capire meglio la mia tecnica.

7) Ora è lei dalla parte della sua insegnante, perché già da qualche anno insegna canto. Il prossimo 16 settembre sarà in Italia all'Accademia della Voce del Piemonte per una masterclass di perfezionamento per cantanti lirici. E' vero che le voci dei giovani d'oggi non sono più quelle di una volta? Quali sono i consigli che elargisce maggiormente?
Io sono convinto che le voci esistono ancora, perché l'umanità non è cambiata.
Il problema è che oggi c'è una grande confusione.
Quando insegno mi ritrovo sempre a dover spiegare cos'è il falsetto, cosa sono le note di petto e come sono da utilizzare.
Quando parlo di queste cose vedo facce strane, come se non si sapesse di cosa io stia parlando.
Quando io spiego bene, i ragazzi, meravigliati, capiscono e migliorano subito.
Tutti pensano che la voce sia una cosa naturale e che cantare opere sia facile, invece no. L'insegnamento dev'essere preciso, altrimenti l'opera diventa musica popolare, ma invece il modo di cantare è molto diverso.
Oggi poi c'è anche una moda di avere suoni piuttosto scuri che annullano l'utilizzo delle note di petto e il falsetto.
Anche se un cantante canta con una voce scurita con meno brillantezza, deve sapere se canta di petto o in falsetto, bisogna conoscere il funzionamento della laringe, perché è la base del canto. Si perde poi anche il colore della voce.
Il consiglio che dò soprattutto agli uomini è di cantare di petto e non col falsetto, invece fanno un misto.
L'altro consiglio è di usare tutte le vocali della lingua italiana, perché non si devono camuffare! La vocale A deve essere A non una una OE.
Questa trasformazione delle vocali impedisce il flusso del suono e impedisce al cantante di fare una bella figura.
Non si capisce poi nemmeno quel che canta.
Ogni tanto si trova anche qualcuno che non respira giusto.
Il fiato è il supporto del canto ed è ciò che fa "sudare" i cantanti, perché bisogna utilizzare i muscoli per controllare il diaframma.
Cantare è un lavoro difficile, perché è uno sforzo fisico.

8) Nella sua carriera a cantato a fianco di grandi personaggi del panorama lirico. Ha qualche ricordo?
Ho cantato a fianco di colleghi importanti. Ricordo benissimo che tornando da Roma, dopo gli studi di sei settimane con Ricci, non riuscivo a far bene la parlata sillabata nel duetto con Mustafà dell'Italiana in Algeri.
Il direttore dell'opera di Washington mi ha mandato a New York a cercare Renato Capecchi (baritono - Ndr) e lui mi ha insegnato, senza nessun pagamento, come fare il sillabato. Ho poi lavorato con lui e ho sempre "rubato" i suoi segreti, perché era molto bravo anche in scena.
Ho fatto tanti furti d'arte anche a Sesto Bruscantini, Paolo Montarsolo, Claudio Desderi, quando abbiamo lavorato insieme e devo proprio dire che abbiamo passato bellissimi momenti a "giocare" in scena.

9) Quanto è difficile la professione del cantante lirico?
E' molto impegnativa, perché non c'è molto tempo per divertirsi. Bisogna sempre studiare per capire come soddisfare al meglio il pubblico.
Io ho dedicato tutta la mia vita a questo e a tutto ciò che ruota intorno a quest'arte. Io, per esempio, so anche truccarmi da solo.... però non faccio costumi!

Beh, ma almeno un bottoncino se lo saprà attaccare. ;-)

10) Secondo me, Rockwell Blake si è anche divertito molto in palcoscenico, o sbaglio?
No, no, non sbagli... Girando il mondo si fa amicizia con tantissime persone e in palcoscenico si incontrano colleghi che fanno anche molti scherzi.
Ricordo bene che feci un Barbiere di Siviglia a Vienna. Nell'aria in cui Bartolo finge di cantare da sopranista con Rosina, Bartolo mi cambiò le parole e io, stupito, mi ritrovai a dover rispondere velocemente inventando le parole...
Da allora, quando studiavo spartiti nuovi, mi preparavo anche agli eventuali cambi di parole dei colleghi.

11) Qual è un suo difetto?
Sono molto goloso e mi piace molto la pasta italiana
Beh, ma questo non è un difetto, perché allora noi italiani saremmo tutti difettati!!!
Io mangio troppo, percui i costumisti si lamentavano della mia perdita di linea.
Mah... non mi convince troppo, perché lei ha una bella linea!!!
Però guardi che i costumisti ci tenevano molto che i costumi fossero perfetti, quindi se mi ritrovavano diverso si lamentavano.
L'altro difetto è che sono tenore, quindi sono pigro.

12) Qual è un suo pregio?
Io gioisco per il successo degli altri. Non sono invidioso.
Lo spettacolo che ricordo sempre di più è un'opera a Losanna in Svizzera di Rossini: "L'occasione fa il ladro" con il maestro Bruno Campanella.
I cantanti, giovanissimi, molto più giovani di me, sono stati bravissimi ed hanno avuto ovazioni incredibili.
Io ero felicissimo, perché tutti quanti abbiamo fatto una produzione bellissima.
Lo ricordo bene perché non è stato un successo solo mio, ma un successo di tutti ed è il "gioiello" della mia memoria.

Io la ringrazio moltissimo per questa bella chiacchierata.
Anche per me è stata una bella chiacchierata e spero di incontrare qualcuno dei vostri ascoltatori cantanti alla masterclass che terrò il 16 settembre a Torino!

 
 
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