La lirica torna nella piazza sorvegliata dal monumento del Cigno, teatro all'aperto dotato di acustica naturale e per cui non si rende necessaria alcuna amplificazione, con l'attesa partecipazione di due artisti bussetani – il direttore Fabrizio Cassi e il basso-baritono Luca Pisaroni – e un blasonato artista internazionale – il baritono statunitense Thomas Hampson.
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Fabrizio Cassi, sul podio dell'ottima Filarmonica Arturo Toscanini, dirige con la consueta brillantezza, decisamente a suo agio nei crescendo e negli sviluppi fugati. È inoltre accompagnatore accorto e preciso, mai desideroso di primeggiare, ma sempre attento a seguire l'interpretazione vocale senza mai sovrastarla.
Luca Pisaroni, da oltre dieci anni apprezzato sui più importanti palcoscenici internazionali, è evidentemente emozionato nell'esibirsi – occasione più che rara, purtroppo – dove è nato e cresciuto, ma lo fa con l'usuale eleganza, raffinatezza e musicalità, eccellendo nel belcanto, mostrando buona elasticità (“Sorgete… Duce di tanti eroi” da Maometto II di Rossini), registro acuto luminoso e ben posizionato ed affrontando in maniera molto intelligente anche un repertorio (“Restate” da Don Carlo di Verdi) che ancora non è il suo. Sarebbe molto interessante riascoltarlo presto in una produzione operistica italiana, possibilmente locale, senza dover attraversare almeno mezzo continente per assistere ad una sua esibizione.
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Accanto alla freschezza del canto di Luca Pisaroni è l'esperienza inconfutabile del celebre Thomas Hampson, ma le enormi aspettative del pubblico sono purtroppo in parte disattese. Che il baritono statunitense abbia un modo di cantare non italiano, questo è un dato di fatto, ma in questa occasione, forse a causa di stanchezza o indisposizione, è anche povero di fraseggio e tale mancanza si nota soprattutto nel recitativo, che appare piatto e noioso. Risulta nettamente migliore il canto spianato, inconfondibilmente elegante (“Vision fugitive” da Hérodiade di Massenet), ma solo la zona centrale sembra corretta: molte note basse sono prive di corpo e volume (il duetto da Don Carlo) e diversi acuti sono stirati o urlati (“Vanne… Credo in un Dio crudel” da Otello di Verdi e “Il rival salvar… Suoni la tromba” da I puritani di Bellini). Infine l'uso della parola, tanto caro a Verdi, subisce pronuncia e dizione poco chiari. Ci si augura una sua ripresa veloce, soprattutto in vista dei numerosi impegni internazionali nel repertorio verdiano e wagneriano.
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La vera chicca della serata è l'esecuzione, per la prima volta dopo 175 anni, della Sinfonia in Do (edizione critica di Dino Rizzo), composta dal giovane Verdi tra il 1837 e il 1838 e rappresentata al Teatro di Busseto il 27 febbraio 1838.
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Applausi e calorosi consensi per tutti gli interpreti e la Filarmonica Arturo Toscanini al termine della serata, primo appuntamento delle Celebrazioni Verdiane Bussetane del Bicentenario, buon auspicio per il proseguimento di un ricco cartellone estivo. |