L'Italia, si sa, è la patria dell'opera lirica: giungono ogni anno milioni di
turisti da tutto il mondo per venire a visitare i luoghi natali di Verdi,
Puccini, Rossini, Donizetti e ancor più ad ascoltare nei tempi della lirica,
quali i nostri teatri di tradizione, quella musica che da secoli appaga l'anima
di una moltitudine di appassionati e non. Ma non solo: la lirica è uno dei grandi «marchi» della cultura italiana, dato che il nostro melodramma (La Traviata, La Bohème, Aida, Turandot, etc.) è tra gli appuntamenti più appealing di tutti i cartelloni mondiali, da New York a Tokyo, da Vienna a Parigi.
Purtroppo, però, da alcuni mesi è "scoppiato" lo scandalo della "casta" dei
teatri lirici, quindi, vogliamo anche noi aprire un dibattito su questo tema
perchè, siamo sicuri, il confronto con i nostri lettori potrà fornire degli
spunti interessanti per trovare soluzioni a problemi tanto spinosi!
E' nota da mesi l'inchiesta in corso sulle 13 fondazioni finanziate ogni anno
dallo Stato: si aggirano intorno a 300 milioni di euro pubblici i fondi che
pagano l'esercito di 6mila
dipendenti. I conti sono in rosso quasi ovunque: 3 teatri su 13
commissariati (Roma, Napoli, Genova), due altri salvati per miracolo
dal commissariamento (Verona e Bologna), un altro uscito da poco dalla
stessa emergenza (Firenze). Lo Stato sorregge questo sistema poco virtuoso,
anche se i finanziamenti tendono a ridursi. Le fondazioni
liriche sono le più assistite: da sole assorbono quasi la metà del Fus, il fondo
statale per lo spettacolo. Nel 2008 i contributi
totali assegnati dal Ministero sono stati di 269 milioni di euro, cui vanno
aggiunti gli aiuti degli enti locali da Regioni, Province, Comuni... per un
totale che supera abbondantemente i 300 milioni di euro.
Nonostante questi ingenti finanziamenti, è un sistema che va avanti a fatica, con troppo personale, dato che gran
parte del finanziamento statale finisce in buste paga, lasciando l'esiguo resto
alla musica: in media il personale assorbe il 70% della spesa, quindi solo il
30% spetta alla produzione.
Nel 2007 il costo del personale (dati ministeriali) è stato di oltre 343
milioni di euro, più dell'intero ammontare del contributo ministeriale.Â
I cachet degli artisti ingaggiati per ogni produzione (registi, cantanti,
musicisti) alla fine non sono quelli che incidono di più.
Il costo medio a recita varia dai 109mila euro dell'Arena di Verona ai 50mila
euro del Comunale di Bologna. I vip della lirica, spesso accusati di essere costose primedonne,
in realtà sono solo i capri espiatori di un sistema che occulta i veri
"falchi" della lirica, cioè gli agenti. Infatti, va detto che, pur
avendo numerosi dirigenti, sovrintendenti e consiglieri di amministrazione,
pagati per decidere le stagioni e costruire i cartelloni, spesso i teatri si
affidano a intermediari (appunto gli agenti teatrali, pochi e ben ammanicati)
per ingaggiare compagnie e artisti, facendo così inevitabilmente lievitare i
costi dello spettacolo.
Anche nel caso dei teatri lirici, come per quelli di prosa, il sistema di finanziamento
pubblico è quasi del tutto slegato da logiche meritocratiche, infatti poco conta
la qualità della produzione, perchè il grosso del finanziamento viene stabilito
solo con criteri quantitativi: si valuta la serie storica dei
contributi (quanti soldi ha ricevuto nell'ultimo triennio, per cui chi ne ha
ricevuti di più ne riceverà di più) e dei costi (con la conseguenza pericolosa
che chi più spende, in stipendi del personale, più incassa...).
Oltretutto, c'è un altro retaggio storico, che l'economista Giuseppe Pennisi
ha ben fatto notare in un dossier sulla lirica pubblicato dall'Istituto Bruno
Leoni, e che pesa ancora sulle fondazioni liriche: nascono da enti su base
comunale dove si poteva assumere a tempo indeterminato, mentre altrove si
dovevano fare concorsi. Così si convogliavano verso questi enti persone che si
volevano collocare anche solo per ragioni di contiguità partitica.
In condizioni simili, quanti sono i privati che decidono di sostenere le
attuali fondazioni liriche che hanno preso il post degli ex teatri lirici (ex
carrozzoni comunali)? E anche ipotizzando che ci sia qualche "pazzo" disposto ad
investire, qual è il livello di produttività si prospetta?
Nel 2007 la Scala ha fatto 107 recite d'opera, Il San Carlo di Napoli 51, Il
Carlo Felice di Genova, 56, Il Comunale di Bologna
59... Allo Staatsoper di Vienna, al contrario, si canta quasi ogni sera, 356
volte l'anno, all'Opera di Parigi 360 (in Francia i dipendenti sono stipendiati
dallo Stato). Da noi le recite sono poche, finanziate dallo Stato ed hanno un costo
che supera di gran lunga quello estero, come dimostra l'economista Roberto Perotti: al Metropolitan di New York (che non ha aiuti pubblici) una serata
costa meno che alla Scala.
Per quale motivo esiste una produttività tanto scarsa? Bisogna ammettere che
i dipendenti dei nostri teatri godono di enormi privilegi: si pensi per esempio
agli orchestrali la cui settimana lavorativa è fatta di giornate da 5 ore (e
oltre 14 mensilità), quanto basta per garantirsi serenamente un secondo o terzo
lavoro fuori dal golfo mistico. Anzi, il secondo o terzo lavoro sono
garantiti dalla stessa legge del 1996 che ha istituito le
fondazioni e che «legittima» il secondo lavoro. Prendono il nome di «corpi artistici
separati», cioè l'orchestra di un teatro può suonare (e
farsi pagare) altrove senza che il teatro (che pure gli paga lo stipendio) possa
eccepire nulla. Si aggiungano poi gli integrativi, contratti paralleli che
regolano premi per le trasferte, bonus per le dirette radio e tv, vari altri
incentivi che insieme permettono ai dipendenti di portarsi a casa fino al 40% in
più dello stipendio.
Molti di questi privilegiati dipendenti svolgono anche l'attività da libero
professionista oppure spesso percepiscono un secondo stipendio pubblico
"insegnando" nei conservatori a scapito degli allievi che devono adattare le
lezioni agli "impegni artistici" dei loro insegnanti.
Aggiungiamo poi che, insoddisfatti di questi privilegi, capita spesso
ultimamente che facciano saltare le recite in cartellone per protesta.
Per contro, ci sono tanti cantanti che ad oggi non trovano lavoro perchè si
riduce il numero delle produzioni.
Vien proprio da dire che è una Casta composta da divi ben poco virtuosi!!!
E' evidente che questo sistema sta rovinando la lirica e di sicuro non
contribuisce alla diffusione della cultura, dato che anzichè aumentare la
produttività si riduce il numero degli spettacoli! |