Rispondo ai rilievi che il Mº Sabatini ha mosso al mio approccio all'insegnamento della tecnica vocale, quale è apparso nell'intervista pubblicata recentemente da Liricamente.it.
Non ho mai detto che l'insegnamento del canto debba basarsi sull'uso di nozioni teoriche quali l'altezza naturale del suono. Personalmente ad un principiante non parlerei mai di altezza del suono, perché so che questa sensazione, per quanto importantissima, all'inizio verrebbe equivocata e attuata scorrettamente con l'innalzamento della laringe e/o la perdita dell'appoggio. Infatti, nel passo dell'intervista dove si parla delle caratteristiche della tecnica italiana, mi sono soffermato (senza dilungarmi troppo, trattandosi di un'intervista e non di una lezione) non sull'altezza, ma sulla relazione armonica tra la pronuncia/sintonizzazione acustica del suono puro, da una parte, e la creazione, per mezzo dell'inspirazione, di uno spazio di risonanza duttile e naturale, dall'altro, considerandola come la componente pratica più importante della tecnica italiana in base dalle affermazioni di autori come Mancini, Pacchierotti e Lamperti. Premesso questo, confermo, per altro, che un cantante avanzato (e infatti nell'intervista ho specificato "alla fine"), che sia stato educato secondo i principi della tecnica italiana, DEVE avere quella che ho definito la percezione dell'altezza naturale del suono puro, come riferimento 'sintetico' primario. Questa percezione dell'altezza naturale del suono puro NON è un concetto meramente teorico, ma una sensazione primaria, per quanto sottile. Essa ha impregnato di sé tantissime espressioni tecniche più o meno metaforiche, quali 'cantare sul fiato' e 'suono in maschera'. Se un cantante ne è privo, si può essere certi che, per quanto sommariamente corretta possa essere la sua emissione, non ha ancora fatto quello che oggi è di moda chiamare il 'salto quantico'. Nell'Ottocento si parlava di tecnica 'trascendentale', molti secoli prima Guido d'Arezzo parlava di voce "alta, clara, suavis". Il succo del discorso è sempre lo stesso: la dimensione del'altezza si rivela fondamentale in tutte le esperienze di alto (tanto per cambiare) livello, siano vocali o meditative. Ad un certo livello di sviluppo della voce, l'altezza diventa un parametro tecnico ed estetico, una sensazione fonatoria chiarissima e, direi anche, una esperienza meditativa-esistenziale.
La parola 'sublime', che letteralmente significa alto, ci ricorda ancora una volta come tutte le esperienze umane esaltanti siano percepite ed espresse in termini di elevazione e di altezza. La fortuna del cantante è quella di esperire questa altezza non solo intellettualmente, ma globalmente ed esistenzialmente, insomma con la mente', col corpo e, per chi ci crede, perché no ?, anche con lo spirito.
Detto questo, contraccambio i saluti di Yuri Sabatini, che ricordo con simpatia perché ha seguito anni fa un mio corso di tecnica vocale a Roma. |