» Recensione opera Madama Butterfly di G. Puccini al Massimo di PalermoGigi Scalici, 07/10/2009 | In breve: Palermo, 27/09/2009 - Meritato successo personale di Hui He nel ruolo del titolo.
Dopo la pausa estiva ed a cinque anni dalla precedente rappresentazione, torna
il primo popolare capolavoro esotico pucciniano con l'allestimento proveniente
dall'Opera Nazionale di Helsinki e con la regia di Lorenzo
Mariani, scene e costumi di Maurizio Balò.
Due atti soltanto - come nelle prime rappresentazioni novecentesche - con il
secondo che comprende gli attuali secondo e terzo. | |
| Madama Butterfly di Giacomo Puccini
Teatro Massimo di Palermo
27.9. 2009
Meritato successo personale di Hui He nel ruolo del titolo.
Dopo la pausa estiva ed a cinque anni dalla precedente rappresentazione, torna
il primo popolare capolavoro esotico pucciniano con l'allestimento proveniente
dall'Opera Nazionale di Helsinki e con la regia di Lorenzo
Mariani, scene e costumi di Maurizio Balò.
Due atti soltanto - come nelle prime rappresentazioni novecentesche - con il
secondo che comprende gli attuali secondo e terzo.
(Clicca sulle immagini per allargarle - Foto per gentile concessione del Teatro Massimo di Palermo)
L'azione si svolge a scena semi fissa, all'interno di un ulteriore ambiente
circoscritto da una luminosa cornice rossa con un proprio pavimento sopraelevato
rispetto al palcoscenico.
Scenario semplicissimo e molto funzionale, piuttosto fedele al libretto e con
ottimi costumi tradizionali.
Pochi oggetti per gli arredi: la teca con Budda, la tradizionale sedia a
dondolo, un tavolino ed un grande tappeto rosso che viene srotolato
all'occasione dai due amanti per realizzare la camera matrimoniale.
La divisione con le immagini dello sfondo raffigurante l'esterno, è realizzata
con le classiche pareti giapponesi scorrevoli.
Il noto giovane soprano cinese Hui He, esperta interprete pucciniana e
verdiana, con grandi successi internazionali come Cio-cio-san, è il vero
baricentro musicale del monodramma psicologico, che domina la scena e cui
ruotano attorno tutti gli altri personaggi, così come voleva il compositore.
Un sicuro e vigoroso soprano lirico spinto, dall'ottima estensione e dalla
dizione perfetta, che sa adattare il possente volume vocale alle frasi più
melodiche e commoventi, a quelle altamente drammatiche come il toccante
declamato “Con onor more chi non può serbar vita con onore ”, inciso
sullo stesso stiletto con cui si era tolto la vita anche il padre.
Con artisti di questo livello è inevitabile chiedere il bis, generosamente
concesso, al termine di “Un bel dì vedremo” all'inizio del secondo atto,
come pure è evidente l'attonita commozione nella struggente aria finale in “Tu
tu, piccolo Iddio ” prima del suicidio.
Forse nel primo atto, a causa del suo timbro pieno, non è a suo pieno agio
nell'impersonare l'ingenua sognatrice quindicenne, ma entra pienamente nel
personaggio sin dall'inizio del secondo.
Avvincente ed appassionato il duetto con Pinkerton - Massimiliano
Pisapia in cui i due artisti evidenziano bene il contrasto tra realtà ed
illusione.
Il giovane tenore, abbastanza affermato, è piuttosto sicuro e corretto nella
linea di canto senza problemi per gli acuti, sebbene dal timbro non molto
brillante e probabilmente più adatto ai ruoli eroici.
Ottime comunque le due brevi arie “Dovunque al mondo...” del primo atto e “Addio, fiorito asil“ al termine, aggiunta da Puccini nella revisione dell'opera.
Risolve meglio il personaggio, l'altrettanto giovane baritono Fabio
Capitanucci nelle vesti del generoso console americano Sharpless, dal
bel timbro signorile e ben impostato, nelle poche righe destinategli
dall'autore.
Chiude il primo cast di questi quattro artisti principali che calcano le scene
dalla fine degli anni novanta, il mezzosoprano Rossana Rinaldi, singolare
Suzuki anche nella rappresentazione del 2002, sempre corretta, riservata
e vicinissima a Butterfly nella disperazione.
Dignitosi anche i comprimari: il tenore Saverio Fiore – brillante Goro,
il basso Francesco Palmieri - tuonante furibondo zio Bonzo ed
Alessandro Battiato – pretendente principe Yamadori.
La compagine orchestrale al completo è sapientemente concertata e diretta dal
beniamino Maestro Gabriele Ferro, che dà una lettura prevalentemente
sinfonica, soprattutto al primo atto in cui sembrano non emergere
particolarmente i ritmi ed i colori orientaleggianti. Il resto dell'opera cresce
invece con maggiore ritmo ed intensità e prevale tutta la carica drammatica con
ampia ricchezza di colori e di intensi timbri orchestrali, soprattutto nello
struggente finale.
Applauditissima la bellissima sinfonia dell'intermezzo, in cui è ben delineato
con linearità il passaggio tra l'illusione di Butterfly e la drammatica
realtà, che sta per aver luogo con la rinuncia al figlio ed al suicidio.
Poco prevalente il coro femminile, cui si dà poco spazio scenico.
Nel primo atto manca la significativa discesa dalla collina: le amiche di
Cio-cio-san all'apertura dei pannelli scorrevoli appaiono infatti già
giunte. Indipendentemente dalla tradizione, questo rende statico il
caratteristico momento d'attesa da parte di tutti, nonostante l'ottima
interpretazione musicale.
Altrettanto ben eseguito il famoso coro a bocca chiusa accompagnato dal
pizzicato degli archi, destinato dall'autore a rappresentare la speranza e la
disperazione di Butterfly nella veglia, in attesa di Pinkerton.
Ottima la scelta delle direzione del Massimo per l'inserimento del pannello
elettronico con i testi del libretto anche per le opere in lingua italiana che,
posto sopra il sipario, agevola anche chi conosce bene l'opera ed evita la
noiosa consultazione del libretto con lucette varie.
Distrae un po' ed è scomodo per i posti in platea, ma sicuramente utilissimo.
L'associazione del secondo e terzo atto è stata di circa novanta minuti “tutti
di un fiato”.
Lo spettacolo nel gremito teatro è stato ugualmente molto gradito con un vero e
proprio tripudio, soprattutto per Hui He, ma anche in adeguata misura per
tutti gli altri, con numerose chiamate. | | | | |
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